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Ho appena finito di leggere un libro che è molto al di fuori del mio genere. Se non mi fosse stato consigliato da una persona, non lo avrei degnato di uno sguardo e lo avrei ignorato bellamente. Mi sarei sbagliato, e di grosso. “E quindi uscì a riveder le stelle”, di un autore esordiente Andrea Castronovo, è un libro che entra diritto nel cuore. La scrittura è molto limpida, una via di mezzo tra flusso di coscienza di joyciana memoria e narrazione descrittiva. In alcune pagine, apparentemente, sembra che lo scorrere dei pensieri si perda, ma alla fine, quasi all’improvviso, bastano una parola o una frase che chiariscono tutto, anche un intero capitolo. E’ un modo di impostare dei pensieri che mi piace molto, che mi attrae come una calamita, insieme al suo sforzo di rendere realistico quanto basta il contesto geografico. Con una maniacale attenzione nei dettagli, è un libro che ipnotizza pagina dopo pagina e colpisce nel segno, come una lama tagliente ma non mortale. Il racconto è sempre sul filo del rasoio, ogni pagina che scorre alza il tiro sempre di più da lasciare il lettore sospeso nello spazio e nel tempo, ma allo stesso momento anche sollevato. Non manca una piccola spolverata di fantasy, il giusto da rendere più introspettiva la lettura in modo da incentivare interpretazioni personali. E possono essere tante. Il libro racconta una storia d’amore tra Tommy e Edo, due giovani ragazzi che si sono conosciuti in Spagna, ma non solo. E’ soprattutto un racconto di sé stessi, dei propri demoni e delle proprie paure, fino all’imprevedibile finale. Tutti ci possiamo immedesimare nei protagonisti, nella paura della diversità all’interno di una società malata che non sa accettare la bellezza della vita. E soprattutto, cosa che capita raramente a una persona da un cuore ormai indurito dalla vita come me, ho pianto. Assolutamente da leggere e rileggere.
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