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Questo libriccino pubblicato dalle edizioni "Via del Vento" di Pistoia nella collana "Ocra gialla" di "testi inediti e rari del novecento", raccoglie due racconti mai letti in Italia, che la grande poetessa russa Marina Cvetaeva (1892-1941) scrisse tra il 1933 e il 1934, quando con il marito Sergej Efron viveva a Parigi, circondata dall'ostilità della colonia degli ebrei russi fuggiti dal bolscevismo. Protagoniste delle due novelle, che si differenziano dalla narrativa coeva della Cvetaeva per un loro tono vivace e gioioso, leggero e irriverente, dovuto forse alla memoria felice dell'intimità familiare vissuta dalla poetessa nell'adolescenza, sono Marina stessa - chiamata affettuosamente Musja - e la sorella minore Asja. Nel primo testo ("Il racconto di mia madre") le due sorelle si contendono l'amore materno in una sorta di gara dispettosa su chi sia tra le due la più amata ("Mamma, a chi vuoi più bene, a me o a Musja? No, non mi dire che è la stessa cosa, non è mai la stessa cosa, ce n'è sempre una che si ama un pochino pochino di più...Un pochinino di più, una goccia, una briciola, un millimetrino di più ". E la madre si schermisce, cercando scampo nella narrazione truculenta di una favola dai contorni spaventosi...Nel secondo brano ("Il fidanzato"), le due ragazze, cresciute, si prendono beffe di un pretendente amorfo e goffo. Tolia era "di buona taglia e in carne, e, ahimè, tutto sudato...Era giovane, e se non bello, era per lo meno benevolo (e inoltre tutto quello che si vuole derivato dal bene: beneducato, benintenzionato, benpensante...)": dagli occhi acquosi e cattivi, girava intorno alle sorelle "come un gatto attorno al macellaio". Il fidanzato rifiutato da entrambe si prende la rivincita diventato adulto: sposa una ragazza carina e ricca, diventa direttore di museo, assumendo Asja con un incarico umiliante, e poi scrittore di successo. Ma Marina Cvetaeva conclude crudelmente la sua narrazione con queste parole: "Solo, ecco, che genere di scrittore?"
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