La ragazza della porta accanto

Tratto da una terribile storia vera di una ragazza adolescente nell'America di fine anni 50, che viene imprigionata in casa da sua zia psicopatica e che la torturerà fino alla morte. Non adatto a persone impressionabili.

Nel 2007 Gregory Wilson ci regala un film che scaraventa lo spettatore in un incubo ad occhi aperti. Adattamento dell'omonimo romanzo del compianto Jack Ketchum, La ragazza della porta accanto è ispirato alla vera storia di Sylvia Lykens, che a soli 16 anni morì per le torture subite da chi, per una manciata di dollari, avrebbe dovuto occuparsi di lei e della sua sorellina minore. Ketchum, nel suo romanzo, ci trasporta in un'America rurale in cui i bambini non sono altro che voci inascoltate, vittime dell'indifferenza del mondo degli adulti e che anche quando si macchiano di gesta terribili, lo fanno perchè schiacciate da personalità adulte fortemente disturbate. Compito difficile per il regista quello di trasferire su pellicola l'orrore dell'abuso e del maltrattamento descritto da Ketchum, ma Wilson riesce a costruire una pellicola quasi perfetta, nel suo essere intensa, dolorosa e disturbante al tempo stesso, intrisa di un malessere così profondo da sconvolgere lo spettatore. Questo è un film che dovrebbe essere visto assolutamente, per tutte le Sylvia che hanno urlato e non sono state ascoltate, perché non c'è orrore più grande della vita reale. Il romanzo di Ketchum è un gran romanzo, 288 pagine di lettura estenuante ma, al contempo, impossibile da interrompere. Il film di Wilson è un film che lascia scioccati, turbati, entra sottopelle e ti ritrovi a pensarci anche nei giorni successivi. Assolutamente consigliato anche se fa un gran male.

La ragazza della porta accanto, non sarà un film per tutti. Ci vorrà stomaco e freddezza per riuscirlo a guardare. E' un mix di devianza e sadismo che coinvolgono lo spettatore in un vortice di depravazione. La storia è basata su un fatto realmente accaduto a metà del '900 negli Usa: una trama avvincente e raccapricciante tanto da sembrare irreale. I dialoghi fanno il loro lavoro, anticipando di volta in volta la suspense della scena successiva: l'ennesimo orrore e l'ennesima "idea" di Ruth (la zia mentalmente disturbata; o forse no?) la quale, per educare i figli ed i loro amici a diventare uomini, fa di Meg (la nipote) la propria cavia, e schiava. Eccellente l'interpretazione di Blanche Baker. L'intrigo tiene lo spettatore letteralmente incollato allo schermo. Sono assenti momenti morti o storie parallele: la narrazione riproduce uno svolgimento naturale permesso anche dal montaggio efficace delle scene. Il regista attraverso la narrazione, riguardano in primo luogo la distinzione fra bene e male, nella formazione dell'individuo ad opera degli adulti e dalla loro influenza, pone una domanda: è possibile emanciparsi dal senso comune? Il contesto storico gioca la propria parte in questo confronto a cui lo spettatore viene obbligato in più punti della pellicola. Un secondo tema, prettamente politico, è poi quello della disumanizzazione e delle reificazione dell'essere umano il quale diventa appunto l'oggetto su cui mamma (e zia)Ruth permette ai propri figli di "far pratica". Agghiacciante ma consigliatissimo!