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Un libro coraggioso, che mette le mani su un tema poco trattato dalla letteratura specialistica e men che meno trattato, se non superficialmente, dalla cultura di massa. Tesi centrale è, come suggerisce il titolo, che il razzismo non è un fenomeno recente, moderno, né tantomeno “nasce” con le leggi razziali del 1938 volute dal fascismo. In realtà ha radici profonde che risalgono all’alba delle civiltà e che l’autore saggiamente indaga anche con strumenti della psicologia, psicologia sociale ed etologia (Pavlov su tutti). Altra tesi, audace ma sostenuta da numerose prove documentali, è che le leggi razziali non furono casuali né il portato di un’influenza “tedesca”, ma che il razzismo fosse connaturato all’ideologia fascista e che il fascismo anzi ha portato a compimento con un salto di qualità un razzismo coloniale già presente nell’Italia di fine Ottocento. Per non parlare del legame forte tra razzismo e religione (cristiana compresa) che, anche qui coraggiosamente, l’autore analizza con uno scavo profondo e critico. Emerge in tutto il libro, ma specie nel finale, la vena di docente dell’autore e la sua attenzione all’educazione alla memoria. E anche qui, in maniera del tutto originale quanto opportuna, si concentra sulla sterilità delle “giornate della memoria” vissute come vuoto esercizio istituzionale, formalità che non risvegliano alcun sentimento o peggio che, proprio per la loro vacuità, si arriva ad odiare. E quindi, conclude l’autore, la memoria vera si fa facendo vivere agli alunni i sentimenti che provarono coloro che vissero quegli orrori, attraverso le testimonianze, attraverso il racconto.
Un bel libro da leggere e rileggere
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