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Anno edizione: 2007
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E' la prima volta che "affronto" un racconto di Carlos Fuentes. Sì, è proprio il caso di dire affronto, in considerazione del fatto che durante la lettura di questa intrigata vicenda, si ha la sensazione di "inerpicarsi" su un pendio, raggiungendo infine una vetta di impareggiabile bellezza. La riflessione su cause ed effetti di ogni azione è il motivo principe del libro, mirabilmente costruito su una ricerca di identità appassionata e misteriosa. Gli eventi si svolgono con una strana casualità che porta l'autore a dimostrare che gli intrecci si sciolgono e si riannodano attraverso un sogno che perde le sue origini in un passato indefinibile. Enigmatico, elegante, teatrale, è sopratutto un libro sui sentimenti nascosti. Si possono infatti odiare gli uomini e amare le pietre, come fa Hugo Heredia inseguendo i fantasmi di una vita? Nessuna risposta, tutto sospeso, alla ricerca di una seconda narrazione per ogni avvenimento, di una lettura diversa per comprendere l'esistenza. Splendido.
Recensioni
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"L'ho educato, Branly, perché ammirasse un'autorità piena di grandezza e di dignità e gli ho fatto notare la sua costante assenza; l'ho educato perché sognasse un paese ideale governato da una vera aristocrazia che disciplinasse allo stesso modo la massa degenerata dal vizio e dallo sfruttamento, e i volgari e rapaci sfruttatori del nostro paese."
Uno scrittore scomodo, impegnato civilmente, un uomo che ha rappresentato il suo Paese all'estero (in qualità di ambasciatore in Francia) ma che per coerenza profonda ha scelto di rinunciare al prestigioso incarico che gli era stato assegnato per non contaminarsi, non avere lo stesso ruolo dato a chi è da lui considerato un assassino: si dimette infatti quando Gustavo Diaz Orda (presidente del Messico nel 1968 quando venne perpetrato l'eccidio di Tlatelolco) nel 1977 è nominato ambasciatore in Spagna.
Una personalità così rigorosa trasporta nella scrittura la forza etica del suo pensiero anche quando tratta argomenti del tutto avulsi dalla problematica politica e sociale e osserva i complessi meandri della psicologia umana.
Interessante è in questo romanzo del 1980, solo oggi tradotto in italiano, l'attenzione alle diverse personalità, agli impulsi misteriosi che determinano i comportamenti dei suoi personaggi. Partendo dalla narrazione di un vecchio (e straordinaria è la capacità di descrivere da una parte l'indifferenza, dall'altra la maniacalità di certi gesti degli anziani) Fuentes racconta una strana vicenda in cui l'omonimia di due personaggi è centrale, ma allo stesso tempo fonte di un mistero che non ha, né interessa che abbia, soluzione. Che cosa hanno in comune questi uomini se non la loro stessa umanità, cioè l'ambiguità delle loro emozioni? In fondo è questa la tesi dell'autore: la vita è ambigua, va osservata come si fa per un romanzo giallo di cui non ci si può attendere una soluzione. Soltanto i più giovani, quelli che sono ancora bambini, hanno una spontaneità e una sincerità che affascina. Non è certo importante per il lettore che la vicenda abbia la caratteristica della verosimiglianza perché invece è l'intreccio di realismo (dei sentimenti) e fantasia degli eventi che caratterizza la scrittura di Fuentes e ne determina la grandezza.
Vincitore dei più importanti riconoscimenti del mondo letterario ispanico, lo scrittore messicano evidenzia anche un altro dato interessante, come non esista un unico filone narrativo dell'area culturale latinoamericana e come, in Italia in particolare, sia forse più conosciuto e popolare quello meno problematico e complesso.
A cura di Wuz.it
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