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Ormai da qualche decennio, sulla spinta delle ricerche di John Pocock, la nozione di repubblicanesimo è diventata quasi un luogo comune degli studi sul pensiero politico. Virtù civica, libertà pubblica, vita activa sarebbero le componenti di questa tradizione politica rintracciabile nel corso dei secoli, dall'antichità classica all'Italia rinascimentale, fino alle rivoluzioni moderne. Tale indirizzo di studi, però, mettendo l'accento sulla lunga durata, rischia di far dimenticare le cesure che attraversano il corso storico. Sotto il profilo politico, soprattutto, si svaluta la grande svolta di fine Settecento, quando a cavallo dell'Atlantico si gettano le basi della moderna libertà politica: governo rappresentativo, costituzioni scritte, garanzia dei diritti. A riportare l'attenzione su questo snodo arriva ora questo libro. Per quanto si componga per quattro quinti di saggi già editi, il volume ha un carattere unitario. I primi quattro capitoli si soffermano su figure cardine del pensiero politico del tempo (Montesquieu, Condorcet, Constant), ovvero esplorano momenti topici di quella stagione politica (l'influenza americana sulla Rivoluzione francese, il concetto di cittadinanza nel decennio rivoluzionario). L'ultimo capitolo (quello inedito) discute la categoria del repubblicanesimo alla luce delle analisi precedenti. Le conclusioni ci paiono largamente condivisibili: le istanze repubblicane non si contrappongono al liberalismo rivoluzionario, il quale, a sua volta, non si propone come una concezione atomistica dei rapporti sociali, né si può ridurre a una concezione privata ed egoistica della libertà. Tutt'altro. Il liberalismo, già nella sua stagione settecentesca, si caratterizza per la rivendicazione di un ethos pubblico forte come necessario fondamento della vita associata.
Maurizio Griffo
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