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Repubbliche e principi. Istituzioni e pratiche di potere nella Toscana granducale del 500-600
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Repubbliche e principi. Istituzioni e pratiche di potere nella Toscana granducale del 500-600 - Elena Fasano Guarini - copertina
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Repubbliche e principi. Istituzioni e pratiche di potere nella Toscana granducale del 500-600

Descrizione


Studiosa eminente della storia degli stati italiani nella prima età moderna, Elena Fasano Guarini propone in questo volume un originale percorso all'interno della riflessione politica che in Italia ha accompagnato la trasformazione del mondo cittadino e comunale dell'epoca medievale negli stati territoriali principeschi che caratterizzano lo sviluppo dello stato moderno nel corso del Cinquecento. Al centro della ricerca sta il caso fiorentino. Dopo aver studiato il declino delle repubbliche e delle idee repubblicane nell'Italia del sedicesimo secolo, l'autrice indaga sulla storiografia fiorentina vedendovi rispecchiati, nella polarità tra città e stato territoriale, appunto l'evoluzione e l'adattamento degli antichi ideali repubblicani, che ritrova poi nell'opera capitale di Machiavelli, nell'operato di Francesco Guicciardini e per finire negli storici Benedetto Varchi e Giovan Battista Adriani.
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Dettagli

2010
26 agosto 2010
291 p., Brossura
9788815138866

Voce della critica

Alla fine della sua parabola, nel 1568, Agnolo Bronzino, il grande ritrattista della corte medicea, dipinse un'allegoria politica dove l'immagine muliebre della "felicità pubblica" appare circondata da varie figure tra cui spicca la Prudenza, con il suo aspetto bifronte. Opposto al viso della Virtù lo spettatore riconosceva quello idealizzato di Cosimo I de' Medici, apprendendo così in chi la Prudenza si incarni e da chi dipenda il bene pubblico. Questo piccolo trattato "in immagini" sintetizza, meglio di tante scritture, l'avvenuta maturazione di un linguaggio che celebrava il profilo demiurgico del principe e i valori di un governo "assoluto", in uno dei centri della cultura repubblicana come Firenze. In cosa consistette davvero la discontinuità rappresentata dall'affermazione di Cosimo I nel 1530? Fino a che punto risultò lacerato il tessuto del "repubblicanesimo" quattro-cinquecentesco (e le sue premesse medievali)? Se pensiamo che l'aristocrazia filomedicea, promossa per altro dall'ascesa di Cosimo, era fatta di personaggi di "fede" repubblicana, Guicciardini in primis, spesso protagonisti delle ultime esperienze di autogoverno del comune fiorentino, ci rendiamo conto della complessità della lunga transizione che nel 1530 si avviava a compimento e di quanto radicata fosse l'immagine autoritaria e oligarchica della stessa repubblica, segnata dal prestigio del modello veneziano (e marginale la riflessione machiavelliana sul ruolo del "popolo armato" in una repubblica "capace di crescere").
Sul senso delle tumultuose trasformazioni del XVI secolo Elena Fasano Guarini si interroga da tempo, come dimostra questa raccolta che riunisce i suoi maggiori contributi all'analisi del tessuto ideologico della politica cinquecentesca. L'attenzione è qui concentrata sugli intellettuali (Machiavelli e Guicciardini in primo piano, ovviamente), ma il filo è quello, lontano dalla storia delle idee, che attraversa il rapporto strettissimo tra movimento ideologico e dinamiche politico-istituzionali. Sul focus fiorentino (più che toscano) si concentra un problema generale: il destino delle città e dei regimi di autogoverno comunale, in un'epoca di rafforzamento degli stati territoriali. Le costruzioni territoriali che allora (in Machiavelli per esempio) cominciavano a essere chiamate così, la loro espansione e il loro "aumento", determinavano il terreno della discussione sulle forme di governo, alimentando il senso di inefficacia delle antiche istituzioni comunali. Così nel contesto fiorentino, la contrapposizione tra repubblica e principato sfuma nella coscienza dei contemporanei e nella prospettiva distante della storica di oggi. Così come si sfalda l'univocità dei modelli, dato che molte erano le idee repubblicane a confronto (e molti anche i modelli di regalità). Si può allora misurare la distanza che si è accumulata rispetto alle immagini del Rinascimento come età di "decadenza" dell'Italia (perché tramontano le cosiddette "libertà" comunali). I grandi autori appaiono come liberati dalla continuità disincarnata delle grandi parabole concettuali, e calati in una concretezza di circostanze che promuove le loro idee a veri e propri "fatti" politici. Un'antica lezione, mai definitivamente impartita, e che questo libro spinge a rinnovare.
Ennio Igor Mineo

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