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Anno edizione: 1991
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Neanche una sessantina di pagine, peraltro ben tradotte e curate da Gabriele Mazzitelli, che si aprono “nei primissimi giorni del 1940”... alla tragica alba del grande conflitto mondiale, quando nessuno sapeva con precisione cosa sarebbe di lì a poco accaduto (prima, nel 1994, pubblicate per le edizioni TEA, divenute poi Guanda, con in copertina il malinconico ritratto di una giovane con il capo avvolto in una sciarpa, disegnato da Moise Kisling). Poche pagine, dicevo, ma quanto mai rivelatrici del clima di angoscia, di spaesamento, di sospensione del tempo interiore nel lento approssimarsi del conflitto mondiale che un gruppetto di amici, in parte russi emigrati in Francia, vivono alle porte di Parigi, in una casa di campagna, con un bel giardino e ampi spazi pianeggianti intorno, a circa cento chilometri dalla capitale. Il loro punto di fuga dalle atrocità della storia rimane la cultura, il conversare in società, la musica, il divino Mozart … che ad un certo punto del racconto sembra concretizzarsi nella figura di un fantomatico, misterioso giovane giunto in quella casa quando tanti di quel gruppo di amici erano già fuggiti, prima nella grande città, poi spinti chissà dove dalla generale fuga da Parigi. Il giovane, fragile come un’ombra, non ha alcun fagotto, ha solo le gambe per correre e le mani per nascondersi dagli uomini, “la musica e nient’altro”. Tutto sommato, l’«idea di Mozart» – cui il viandante per un breve lasso di tempo offre carne e ossa – sostiene piacevolmente gli animi dei rifugiati, fa sognare le signore, le rassicura con la bellezza soave della sua musica e con la sua presenza divina e, infine, attraversa ibridandola la stessa scrittura di Nina Berberova, perché questo breve racconto diviso in quattro parti con la sua tonalità lieve e musicale sembra davvero rispecchiare la luminosità di una sonata mozartiana. In un tono minore, tuttavia, poiché “Ora s’adagia nell’oblio, nel caso / d’una felicità remota, il mondo” (Alfonso Gatto).
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