A quei tempi, la buonissima pasta fatta in casa, prendeva soprattutto la strada della città e quella che restava era smerciata a Napoli e a Salerno nei giorni di festa. La maggior parte della pasta di cui abbiamo notizia si produceva ad Avellino in quanto era destinata a Piazza Della Libertà: alla cucina dell'Hotel Centrale di Galasso e al ristorante Della Sirena di Domenico Cristiano. Più di una erano le trattorie frequentate anche dai forestieri come Giardini d'Inverno di Domenico Nevola a via Clausura e quelle di Generoso Tino e Generoso Cucciniello in via Beneventana. La lista continua con Stanislao Festa in via Luigi Amabile, Antonio Carulli in via della Sapienza, Giuseppe Coppola a piazza Garibaldi, Nicola Cerulli al Corso. Per finire con la Trattoria del Genio in via Trinità e il ristorante Del Barone di Generoso Rosapane in via Costantinopoli, ma tante erano le massaie che appendevano alle canne le tagliatelle o appoggiavano i vassoi con gli gnocchi appena lavorati a quattro dita per lasciarli asciugare al sole. Nella realtà Avellino aveva continuato a essere una città laboriosa solo dal punto di vista intellettuale dopo la nascita del Real Collegio nel 1831, divenuto poi Liceo Colletta, dove si insegnavano le lingue e la letteratura, togliendo alunni allo stesso Seminario Diocesano. Non bisognava per forza diventare preti, insomma, per studiare. E così gli insegnanti Angelo Antonio Minichiello, Francesco Saverio Iandoli, Antonio Salomone, l'arciprete Bianco, Raffaele Masi, Michele Farina, Michele Palumbo, Tommaso De Stefano, Sabino Belli, Vincenzo Laudonia, Agnello Cocchia e Modestino Ottaviano crearono le basi ai futuri politici. Gli stessi professori del Seminario presero poi a insegnare ai ragazzi del Collegio, come Enrico Capozzi, Serafino Soldi, Nicola Abate, Carlo Donatelli, Nicola Amilcare Imbimbo divenuti poi quasi tutti avvocati. La notizia dell'apertura della scuola reale fu data alla Provincia il 10 ottobre del 1831 dalla Commissione Provinciale costituita dall'arcidiacono Francesco Saverio Jepparelli, dal dottor Fiorentino Zigarelli e dal canonico Antonio Preziosi; l'inaugurazione, per orazione pronunziata dal sacerdote di Fontanarosa, Tommaso De Rosa, avvenne il 1° dicembre tra professori e intellettuali famosi giunti in città a celebrare lo storico evento. Primo rettore del Collegio ne fu proprio, per dieci anni, don Tommaso De Rosa Piscitelli. Ne presero poi il comando Dulcetti e Imparati fino al 1853, quando l'istituto sarà affidato ai Padri delle Scuole Pie o Scolopi, direzione che esercitata da veri e propri padri-padrone. In successione, furono tra gli altri rettori del Liceo: Luigi Caputi, Carlo David di Ospedaletto, Antonio Noja, Giuseppe Lumello, Luigi Palmieri, Luciano Loparco, Martino Giannattasio, Federico Villani, Sebastinao Maturi, Vincenzo Cannaviello, Nicola Valdimiro Testa, Vittorio Bettei, Ferdinando Sasso, Gio: Battista Griseri, Teodoro Bosio, Francesco Giovannini, Emilio Sauté. Il Real Collegio divenne una scuola importantissima specie sotto la guida del prestigioso professor Basilio Puoti, appositamente giunto da Napoli su richiesta dei rettori del Collegio che, dal 1857, sarebbe stato elevato a Liceo con un numero maggiore di alunni e di cattedre, fino a diventare nel 1861 Real Liceo Ginnasiale e Convitto Nazionale col decreto di Vittorio Emanuele che toglierà definitivamente la direzione amministrativa dei Licei agli ordini religiosi. La prima ventata i ricostruzione del Regno del 1848 non interruppe quel ciclo, ma solo 225 furono gli avellinesi che sottoscrissero il documento di fedeltà a Ferdinando II, alcuni anche mezzi liberali. Il nuovo intendente Paolo Emilio Imbriani seppe mantenere l'ordine ricordando i moti liberali del 1821, nonostante il vescovo della città Maniscalco si fosse recato a Caserta a rendere omaggio al Borbone.
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