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Tony, il Lionese, ha scontato cinque anni di carcere e ora cerca di reinserirsi nel giro della mala. Però è male in arnese, ha contratto la TBC e sa che non gli resterà molto da vivere. Poiché è cronicamente squattrinato, accetta di svaligiare una gioielleria dove lui e complici s’impadroniranno di gioielli per 250 milioni, colpo formidabile che però attira loro addosso le brame di tutta la mala francese. Per difendere il bottino nascono zuffe furibonde, dove i gangsters si ammazzano nei modi più violenti. La brutalità si abbatte anche sulle donne dei malavitosi. Tony stesso non si tira indietro: prende a violente frustate la sua donna, Mado, tagliandole la pelle a brandelli e poi bruciandola con un ferro da stiro rovente. Anche un bimbo è rapito, il che scatena le ire di tutta la mala, che condanna simili gesti. Il sangue gronda ripetutamente in gran parte dello scritto, permeato da una violenza senza fine. Non bastano alcune battute ad alleggerire la tensione: quando Pierre Sora e i suoi complici buttano all’aria la casa di Tony in cerca del bottino, scoprono che “i diamanti c’erano come il sorriso sulla faccia di Buster Keaton”. Alla fine sono tutti perdenti: Tony esce di scena in parte sbudellato, guidando una vettura mentre trattiene in mano le sue interiora fuoriuscite dal ventre. Pubblicato nel 1953, il racconto è ritenuto il capostipite del "romanzo di mala", il filone più truce e realistico del noir francese. Il termine “rififi” è entrato nell’uso corrente dei dizionari di lingua. La sua definizione è data come litigio violento, lotta. Invece, nell'argot del milieu criminale di Parigi, rififi ha assunto il significato di “colpo grosso”. Leggendolo, dalle pagine che grondano sangue si capisce come mai sia diventato il principale interprete dei romanzi della malavita. Romanzo formidabile, da leggere e centellinare.
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