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Riflessioni sulle cause della libertà e dell'oppressione sociale
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Riflessioni sulle cause della libertà e dell'oppressione sociale - Simone Weil - copertina
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Riflessioni sulle cause della libertà e dell'oppressione sociale

Descrizione


A venticinque anni, nel 1934, Simone Weil scrisse queste Riflessioni, vero talismano che dovrebbe proteggere chiunque è costretto ad attraversare l’immenso ammasso di menzogne che circonda la parola «società». Come sempre nelle parole più ovvie, in essa si cela una realtà segreta e imponente, che agisce su di noi anche là dove nessuno la riconosce. La Weil è stata la prima a dire con perfetta chiarezza che l’uomo si è emancipato dalla servitù alla natura solo per sottomettersi a un’oppressione ancora più oscura, ancora più capricciosa e incontrollabile: quella esercitata dalla società stessa, poiché «sembra che l’uomo non riesca ad alleggerire il giogo delle necessità naturali senza appesantire nella stessa misura quello dell’oppressione sociale, come per il gioco di un equilibrio misterioso». Da questa intuizione centrale si diparte, con cristallina virtù argomentativa, una sequenza di ragionamenti che svelano nei meccanismi del potere come in quelli della produzione e dello scambio altrettanti volti di una stessa idolatria. Scritto quando Hitler era al potere da pochi mesi e quando Stalin era venerato da gran parte dell’intelligencija come «piccolo padre» di una nuova umanità, questo testo non ha un attimo di incertezza nel delineare l’orrore di quel presente. Ma, come sempre nella Weil, lo sguardo è così preciso proprio perché va al di là del presente e percepisce un’immagine inscalfibile del Bene, in rapporto alla quale giudica il mondo. È uno sguardo che ci induce a «sfuggire al contagio della follia e della vertigine collettiva tornando a stringere per conto proprio, al di sopra dell’idolo sociale, il patto originario dello spirito con l’universo».

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Dettagli

7
1983
21 gennaio 2000
158 p., Brossura
9788845905490

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Giovanna
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Attualita' di Simone Weil

Non credo sia possibile riassumere un testo cosi’ profetico e profondo come questo scritto da Simone Weil nel 1934. La pensatrice francese avvia la sua riflessione dalla condizione oggettiva dell’esistenza di differenze fra gli esseri umani, in quanto a forza, intelligenza, astuzia che determina la separazione tra oppressori ed oppressi, poi considera la cieca e illimitata corsa al potere che sottomette entrambi senza via di scampo. Prendendo ad esempio la parabola dell’impero romano, Simone Weil scrive: "La guerra permetteva ai Romani di rapire gli schiavi; il profitto ricavato dal lavoro degli schiavi permetteva di rafforzare l’esercito e l’esercito piu’ forte intraprendeva guerre che gli fornivano un nuovo e piu’ considerevole bottino di schiavi (…). Il potere estendendosi al’ di la’ di cio’ che puo’ controllare genera parassitismo, spreco e disordine (…). Cosi’ l’esercito romano che dapprima aveva arricchito Roma fini’ per mandarla in rovina”. Il giudizio sulla stato di salute della nostra moderna civilta’ e’ drastico: “Sono evidenti l’impotenza e l’angoscia di tutti gli uomini dinanzi alla macchina sociale, diventata una macchina per infrangere i cuori, per schiacciare gli spiriti, una macchina per fabbricare incoscienza, stupidita’, corruzione, ignavia e soprattutto vertigine. La causa di questo doloroso stato di cose e’ molto chiara. Viviamo in un mondo dove nulla e’ a misura dell’uomo”. Di fronte a queste conclusioni ci sarebbe da gettare la penna, invece Simone Weil la impugna con lucidissima padronanza del pensiero e del linguaggio per continuare a dirci di costruire e difendere la nostra liberta’.

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Artedime
Recensioni: 5/5
La religiosità al vertice della collettività

Il candore di un'economia semplice stimola l'uomo solo nei suoi bisogni primari, "ogni uomo è necessariamente "libero nei riguardi degli altri uomini perché è in contatto diretto con le condizioni della propria esistenza...è assoggettato al dominio della natura e ne dà un chiaro segno,divinizzandola". Ma con l'avvento del capitalismo e della macchina sociale, la natura perde gradualmente il suo carattere divino gli uomini sono vinti e assoggettati dai suoi simili.Quello che si esprime nelle Riflessioni è un puro pensiero anarchico, di stampo marxista, ma laddove Marx lascia dei vuoti alla risoluzione del problema,la Weil propone una sorta di resistenza attiva attraverso l'etica del pensiero e della dignità "un po' di coraggio intellettuale e di chiaroveggenza è sufficiente per farci percepire il pericolo che il gioco cieco della macchina sociale riduca a quell'eccesso di miseria da cui il progresso tecnico l'aveva un poco tirata fuori",per combattere "quanto contribuisce a umiliare gli altri",la massima evangelica "tratta il tuo prossimo come te stesso" è intramontabile.La libertà è la risultante di un rapporto equilibrato tra natura e uomo sulla base dell'azione, da cui scaturisce la vita,ovvero il lavoro coscientemente concepito.I lavori differiscono tra loro, l'artigiano occupa un posto di rilievo con la sua abilità manuale,ma anche l'operaio qualificato assomiglia ad un "lavoratore perfetto".In un contesto così eterogeneo l'immagine di una "collettività libera"appare utopistica",soprattutto laddove regna asservimento del pensiero e dello spirito,ma è necessario ricordare che la "società meno cattiva è quella in cui la maggior parte degli uomini è obbligata a pensare mentre agisce".

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Giulia
Recensioni: 3/5

Il perfetto compendio tra occhio critico, razionale, ed un cuore profondamente umano. E' una donna che scrive, una grande donna, prima che filosofa e scrittrice, una donna che decide di lavorare in fabbrica per comprendere da vicino il sentimento oppresso dei lavoratori.

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Simone Weil

1909, Parigi

Simone Adolphine Weil è stata una scrittrice francese. Di ricca famiglia ebraica che le impartì un’educazione raffinata e severa, fu allieva di Alain di cui subì profondamente l’influsso. Dopo essersi laureata in Filosofia all’École Normale Supérieure, insegna fra il 1931 e il 1938 nei licei di varie città di provincia. Nell’inverno del 1934 abbandona l’insegnamento per lavorare come manovale nelle fabbriche metallurgiche di Parigi (per poter “parlare della causa operaia con cognizione di causa”), lavorando nelle officine Renault come operaia per circa otto mesi. Testimonianza di questa esperienza, che ebbe gravi conseguenze per la sua salute, sono il diario e le lettere raccolte sotto il titolo La condizione...

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