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Anno edizione: 2005
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premetto che non condivido affatto la tesi del testo, ma ritengo che il libro sia ben costruito, dal punto di vista tecnico ben strutturato e indiscutibilmente (ahimè), interessante. si tratta di idee non nuove (fare confronti con i testi di colbert) con qualche apporto originale non del tutto risibile. non sapevo che tremonti possedesse una visione macroeconomica (la linea del governo berlusconi era di chiara ispirazione berlusconiana-leghista, quindi non attribuibile a una libera scelta del ministro), avendo negli anni potuto apprezzare soprattutto i machiavellismi fiscali del buon giulio. solo una piccola cosa sulla cina. ma di chi credete che siano i capitali con cui è partito il neocapitalismo di stato cinese? chi credete abbia investito e delocalizzato in territorio cinese? chi credete abbia interesse a far sì che il mercato si sposti in asia? ragazzi apriamo gli occhi: il problema è la riconversione del sistema industriale europeo e non certo l'imposizione di dazi. i dazi potrebbero essere utili se il competitore avesse un sistema produttivo costoso como il nostro/ i nostri (o appena più bassi). allo stato attuale delle cose quello che bisogna fare è riuscire a individuare le nicchie libere e le falle nel sistema e introdurvisi. temo che nessuno lo farà: di cina si parla da 15 anni, almeno sulle riviste per addetti ai lavori, e nè gli ultimi governi pentapartito, nè quelli tecnici, nè i due berlusconi, nè i due prodi, d'alema, amato hanno fatto nulla in questo senso. interessante vedere come sono cambiati i tempi in cui tremonti tuonava contro il sistema dazi dalle colonne del... manifesto (!!!!).
…Il "Tremonti construens" ci piace meno perché evoca una rivisitata dottrina mercantilista e protezionista di stampo colbertista, che subordina l'apertura dei mercati all'interesse e alla volontà di potenza degli stati. Oppure una sorta di comunitarismo conservatore con venature corporativiste, un modello di governo politico dell'economia non così dissimile dalla socialdemocrazia che dice di avversare e come questa travolto (e - io penso - seppellito) dalla crisi dello stato fiscale. Non è realistico contrapporre all'aggressivo mercantilismo cinese un pari mercantilismo "dei piccoli" asserragliati nel ridotto italo-franco-tedesco. Su questo piano, perdiamo di certo: anzi, abbiamo già perso, come dimostrano le contraddizioni e le inefficienze di settori protetti, come quello agricolo. Scegliere di "non competere" sarebbe il vero "rischio fatale". Siamo condannati a una visione dinamica: la forza dell'Europa e dell'occidente non starà tanto nell'eredità pur consistente, quanto nelle nuove supremazie che sapremo conquistare e che poi saranno erose e alle quali nei decenni saremo condannati a sostituirne altre. Il protezionismo americano non è una novità, ma una scorciatoia elettoralistica cui i politici di oltreoceano sono sempre tentati: si pensi a quello recente - e fallimentare - di George W. Bush sull'acciaio. Ma non è sul protezionismo che l'America è tornata negli ultimi due decenni a essere protagonista economico indiscusso, dando lavoro. e ricchezza a milioni di persone, immigrati inclusi. Hanno inventato nuovi mercati, dal software all'iPod, e li hanno dominati… Insomma, il gusto di Tremonti per la contaminazione e i paradossi è intrigante e certamente utile a dissuaderci dall'inerzia politica, ma, per il momento, continuo a pensare che egli dia il suo meglio, da eterodosso per vocazione qual è, nel solco liberista.
Contenuto asciutto,ma intrigante.L'ho trovato piccante per la posizione politica,ma preciso nei contenuti,e ferzante per la nostra Europa politica-amministrativa.Speriamo che l'Europa si svegli!
Recensioni
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