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Secondo de Maria è possibile educare l’operatore della salute – medico, ma anche infermiere o dirigente delle strutture sanitarie – a un diverso e nuovo rapporto con il paziente. Il “guaritore ferito” deve coltivare le sue capacità comunicative – facenti parte della terapia – e comprendere l’infermo nella sua complessità, non reputandolo mero soggetto da cui eradicare la malattia. La continua verso il metodo scientifico ha condotto all’usuale figura del “medico che […] tratta la malattia come mero fenomeno, senza preoccuparsi del paziente, che egli non vede, non osserva, non interroga, se non attraverso gli occhi tecnici degli esami clinici, e che, al limite, non cura. Se può, spesso, risolvere la sua malattia, egli non si fa carico del paziente, il quale non è percepito come un individuo, un’unità psicofisica della quale ristabilire l’equilibrio e della cui felicità preoccuparsi, bensì come un mero portatore di sintomi, da cui eradicare il male attraverso il metodo sperimentale.” De Maria propone il nuovo modello terapeutico dell’operatore che negozia col malato il migliore rapporto possibile, affinando le inferenze deduttive del processo diagnostico, potenziando la circolazione delle informazioni, e diminuendo, correlatamente, la criticità, gli errori individuali e le défaillances strutturali: il rischio clinico. Il modello di sanità attuale, orientato all’eradicazione della malattia, non è in grado di curare malati cronici, anziani, disabili, e ciò lo rende ancor più disadeguato. Non è qui possibile sviluppare una disamina completa dell’analisi condotta e delle sue implicazioni. Basti dire che si tratta della prima opera sul tema, e che la teorizzazione dell’applicazione della negoziazione relazionale ai rapporti terapeutici appare di notevole interesse, e di assoluta novità.
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