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A Puebla, nel 1690, il vescovo don Manuel Fernàndez de Santa Cruz pubblica a sorpresa e a proprie spese un testo di Juana Inés de la Cruz, un discorso in forma di lettera dal titolo "Crisis de un Sermòn", in cui la talentuosa monaca confutava alcune tesi in materia di fede, esposte qualche tempo prima dal noto gesuita portoghese Antonio Vieira. In onore di Juana, don Manuel intitola l'opera "Carta Atenagòrica", volendo elogiare la sua sapienza eccezionale, paragonabile addirittura a quella mitica della dea Atena. Ma il vescovo, firmandosi con lo pseudonimo di "Sor Filotea", non manca nel contempo di esortare la religiosa a lasciare da parte gli studi teologici e scientifici, la poesia e il teatro, tutti campi in cui si era brillantemente distinta, per volgersi invece a una vita dedita a tempo pieno alla pietà e alla preghiera. Juana Inés controbatte dopo pochi mesi con questa "Respuesta a Sor Filotea": una lunghissima lettera che è un vero e proprio manifesto 'ante litteram' di nobile femminismo, scritto con molta umiltà ma anche molta determinazione, in cui ella, con stile magniloquente e impeccabile, rivendica il diritto delle donne a non essere escluse dal mondo del sapere, rifacendosi per di più all'esistenza di una lunga tradizione di donne celebri, intellettuali e umaniste, dalla biblica Regina di Saba alla contemporanea Cristina di Svezia. Un'autodifesa bellissima e vibrante, scritta da una donna illuminata dal genio e dotata di una cultura immensa, che tuttavia, di lì a pochi anni, sarà purtroppo costretta a cedere e anche a soccombere sotto il potere oppressivo della Chiesa del suo tempo, gestita da uomini tanto intransigenti quanto gretti, retrivi e soprattutto fondamentalmente misogini. (L'opera è corredata, in questa edizione, da un interessante saggio di Angelo Morino).
Recensioni
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scheda di Chiarloni, A., L'Indice 1995, n.10
Negli ultimi anni la ricerca femminista, o meglio di "genere", ha esplorato opere minori ma utili per approfondire il complesso rapporto tra identità e linguaggio. Scavando nel mondo frastagliato della discussione teologica Morino - in Germania prima (Neue Kritik, 1991) e ora in Italia - ripropone alla nostra riflessione una lettura emozionante. Poetessa barocca, e monaca del convento messicano di San Gerolamo, Juana è nota soprattutto per il poemetto "Il Sogno". Questa "risposta" a una presunta suor Filotea apre su altri scenari. Perché dietro il nome della destinataria si cela in realtà il vescovo di Puebla che aveva invitato Juana - nel segno della croce - a "imprigionar l'intelligenza", limitandosi "oltre che nel metro, nella scelta degli argomenti" Sullo sfondo, ricorda Morino nel suo commento ampio e partecipe, c'è l'Inquisizione. Dalla replica di Juana s'intuisce quanto possa essere rischioso per lei - donna capace di scrittura - sottrarsi alla legge che le impone obbedienza. Dapprima è genuflessa, si umilia, dice di non sapere. Ma poi, citando San Paolo, afferma di essere stata "costretta" a scrivere. Soffermiamoci su questo punto. È qui che s'innesta il meccanismo psicologico sorgivo di quella letteratura femminile religiosa destinata a innovare successivamente il linguaggio di quella profana: la donna si pone come essere privo di volontà propria, e dunque obbligato a seguire il dettato divino. Perché, argomenta Juana, è l'impulso che Dio ha riposto in lei a spingerla inevitabilmente "alle lettere". Ed ecco, che la missiva dilaga nella memoria, s'inerpica nell'autobiografia di una formazione femminile di sapore quasi illuminista, rimanda a un'infanzia "accesa dal desiderio di leggere", ai segreti naturali scoperti in cucina, al sogno di travestirsi da maschio per frequentare l'università di Città del Messico. C'è insomma la rivendicazione a sapere. Ma Juana sperimenterà anche quanta solitudine comporti per la donna il "primato dell'intelligenza" e la "sventurata abilità" di scrivere versi. Siamo nel 1691. Tre anni più tardi essa firma nel sangue la sua rinuncia alla scrittura: disperde libri e strumenti musicali e si vota al silenzio per prodigarsi nell'aiuto agli infermi. Muore di peste nel 1694.
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