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Risposta ad una lettera di M. Frnacesco Betti scritta all'illustriss. S. Marchese di Pescara - Girolamo Muzio - copertina
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Descrizione


In-8° (13,6x9,4cm). 39, (1) carta [manca ultima carta bianca]. Annotazione ms. coeva al frontespizio posta sotto il nome FRANCESCO BETTI - Apostata Luterano Legatura seicentesca in piena pergamena. Prima edizione di questa riposta del Muzio ad una lettera del Betti scritta all'Illustrissimo Marchese di Pescara, sotto titolo di rendergli ragione della partita vostra di Italia. Il Mutio motiva quindi questo scritto Che se per rendergli solamente ragione della partita vostra scritta la haveste, bastato vi sarebbe scriverla a lui solo: ma divulgandola stampata, & confortando altrui à ritirarsi dalla dottrina, & dalla obedienza della Santa Romana Catholica & Apostolica Chiesa, date inditio di voler che si divulghi la vostra dottrina: .... . Il letterato F. Betti entrò da giovane come segretario al servizio del marchese di Pescara. Essendosi sempre più interessato delle dottrine riformate, Betti nel 1557 dovette fuggire, con l'amico Jacopo Aconcio, a Basilea da dove scrisse una lettera al proprio ex padrone per spiegare i motivi della sua decisione. La lettera, pubblicata a Zurigo nel 1557, con il titolo "Lettera di Francesco Betti Romano all'illustrissimo et eccellentissimo S. Marchese di Pescara suo padrone ne la quale da conto a sua Eccellenza de la cagione perché licentiato si sia dal suo servigio", divenne molto letta negli ambienti riformati italiani. Muzio, letterato (1496-1576). Nato a Padova, morto a La Paneretta, villa tra Siena e Firenze. Fu detto giustinopolitani dal paese di origine paterna (Capodistria). Gli scritti del Muzio che riguardano la polemica religiosa attestano una seria preparazione teologica e storica. EDIT 16/ICCU/CNCE/58362.
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Dettagli

1558
  • Prodotto usato
  • Condizioni: Usato - In buone condizioni
2560687140300

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(Padova 1496 - Firenze 1576) letterato italiano. Autore di Egloghe (1550) e di poesie petrarchesche per Tullia d’Aragona, compose anche fortunati trattati di materia cavalleresca, come Il duello (1550) e Il gentiluomo (1571), e chiuse la sua carriera come polemista cattolico (Vergeriane, 1550; Mentite ochiniane, 1551; Lettere cattoliche, 1571). Intervenne nelle discussioni linguistiche con opere poi raccolte e pubblicate postume dal figlio Giulio Cesare col titolo unitario di Battaglie in difesa dell’italica lingua (1582); sostenitore di un’idea di lingua colta e contrario al fiorentinismo di B. Varchi, aderì alla tesi, enunciata da G.G. Trissino, di una lingua che risultasse dalla sintesi di varie parlate regionali.

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