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Anno edizione: 2011
Anno edizione: 2022
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Jonathan Israel è uno storico abituato a scrivere opere di ampio respiro, basate su una ricchissima bibliografia di fonti e di riferimenti alla storiografia recente e difficilmente comprimibili sotto le seicento pagine. Affrontare in poco più di duecento pagine generosamente spaziate il complesso delle questioni relative all'Illuminismo europeo deve essere stato per lui uno sforzo notevole che è giusto rispettare. Purtroppo i risultati sono deludenti e lo sforzo si rivela infruttuoso e largamente inferiore alle aspettative.
La qualità delle pagine di questa Rivoluzione della mente è visibilmente inferiore a quella delle sue monografie di ricerca, in particolare il Radical Enlightenment del 2001. Il passaggio dall'analisi attenta e dettagliata dei testi alla rapida sintesi interpretativa è sempre delicato. In qualche caso, come in questo, semplicemente non è riuscito. La tesi di Israel è semplice, troppo semplice: per capire l'Illuminismo bisogna tenere presenti le sue due forme, una radicale, una moderata, in inconciliabile contrasto tra loro. La forma radicale dell'Illuminismo derivava da Spinoza, era materialista, atea, democratica, egualitaria, antischiavista, pacifista, femminista e aperta a ogni forma di esperienza sessuale. La forma moderata credeva nel libero arbitrio, era deista e incline al compromesso con le confessioni cristiane, non riusciva a concepire una società priva di gerarchie di ricchezza, di autorità, di genere. L'Illuminismo radicale generò i valori della società democratica e liberale della seconda metà del Novecento ed è quindi da abbracciare come l'orientamento più promettente per il futuro del genere umano, mentre l'Illuminismo moderato non mise mai in discussione i fondamenti dell'antico regime, si esaurì in una vano riformismo ossequioso verso l'assolutismo e ostacolò anzi gli illuministi radicali tutto dove e quando era possibile. Una linea positiva unisce per Israel la fonte ultima dell'Illuminismo radicale, Spinoza, a Diderot e d'Holbach, Thomas Paine e Cabanis. Locke e Newton nutrirono intellettualmente i moderati dei Lumi: Voltaire, d'Alembert, Hume, Kant.
La contrapposizione tra questi due Illuminismi si presta a molte critiche specifiche, in particolare relativamente alla natura dei testi citati da Israel, che non distingue tra opere destinate alla circolazione privata, libri clandestini, pamphlet e monografie sistematiche, storie e libri di scienza medica o naturale, corrispondenza amicale. Alla radice di questa visione del secolo dei Lumi, di per sé molto discutibile, Israel pone un presupposto ancora più contestabile, che cioè lo sbocco rivoluzionario alla fine del Settecento sia stato determinato in misura prevalente (ma dalla lettura del libro si direbbe esclusivamente) da un'evoluzione unicamente intellettuale, nella quale le idee si scontrano tra loro per far emergere quella vincente, in grado di decidere delle grandi scelte storiche. La "rivoluzione della mente" indicata nel titolo è la trasformazione nelle concezioni di base della vita sociale, religiosa e individuale introdotta dall'Illuminismo radicale di origine spinoziana, al quale vanno tutte le simpatie di Israel.
Non è naturalmente in discussione il diritto dello storico a identificarsi in una tradizione filosofica e politica piuttosto che in un'altra ritenuta, meno vitale o anzi dannosa, qui e ora, al dibattito sulle grandi questioni umane. Ma è dubbio che anche una causa potenzialmente buona, come quella attribuita da Israel alla tradizione radicale nell'Illuminismo, sia ben servita dalla rinuncia ad alcuni dei criteri di base della buona ricerca storica. Vorrei indicarne solo alcuni che appaiono di un certo rilievo. Israel ritiene che un unico sistema interpretativo, in questo caso Spinoza, possa essere identificato come la prima e l'ultima parola della buona modernità, senza entrare in una discussione dei diversi contesti nei quali lo spinozismo venne recepito nel corso del secolo e delle ragioni che ne favorirono l'assorbimento o al contrario il rifiuto. Israel utilizza per tutto il libro concetti come libertà, democrazia, eguaglianza, senza accennare se questi concetti abbiano o no mantenuto il medesimo significato nei differenti contesti. Il rimando a un presunto significato evidente, naturale, indiscutibile, indebolisce la sua argomentazione e appiattisce la discussione settecentesca, piena di sfumature, di ambiguità, di slanci ideali e di umilianti compromessi con la realtà. Anche ammettendo che le idee dell'Illuminismo radicale abbiano profondamente influito sui comportamenti nelle società europee tardosettecentesche, un cenno a come questo avvenne sarebbe stato necessario. Da almeno mezzo secolo la storiografia delle società di antico regime ha insistito sulla trasmissione e divulgazione delle idee illuministe. Dispiace Israel abbia rinunciato pregiudizialmente a discuterne in questo suo tentativo di dimostrare l'importanza delle idee per la storia politica. Certo, un quadro dell'illuminismo europeo senza alcun riferimento alla dimensione organizzativa della socialità e all'affermarsi dell'opinione pubblica rischia di essere non post-Habermas (come forse intende Israel), ma pre-Habermas.
Da ultimo, suscita perplessità l'articolazione molto frettolosa nello snodo finale della sua storia di questa Rivoluzione della mente. Se la Rivoluzione francese è stata davvero l'esito del progresso dell'Illuminismo radicale, è difficile capire perché questo successo sia stato limitato agli anni 1789-1792 e perché lo schieramento spinoziano-rivoluzionario del 1789 sia crollato di fronte all'offensiva dell'antiilluminista (e rousseauiano) Robespierre, cui viene addossata integralmente la responsabilità del Terrore. L'imbarazzo con cui si legge questo libro di Israel è aumentato dall'irritazione suscitata dalla sua traduzione: perché scegliere per il pubblico italiano proprio la sua sintesi meno felice? L'importanza delle sue monografie di ricerca non giustifica un investimento che rende sul lungo periodo? Come se non bastasse, la traduzione di questa Rivoluzione della mente rende un pessimo servizio all'originale. Gli errori di traduzione abbondano (due soli esempi: core non significa cuore, ma nucleo, p. 20, incensed non significa incensato ma indignato, p. 78), non mancano frasi francamente incomprensibili, termini di un neo-italiano storiografico e rovesciamenti di senso. Anche i libri non convincenti vanno trattati con rispetto. Edoardo Tortarolo
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