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Collana "Classici Rizzoli" - Volume rilegato in tela editoriale blu con acetato protettivo trasparente e custodia in cartoncino figurato, 943 pagine; poesie con testo tedesco a fronte Conserva il segnalibro bibliografico. Opere di Clemens Brentano, Karoline von Gunderrode, Adelbert von Chamisso, L. Achim von Arnim, Jakob e Wilhelm Grimm, Novalis, Ludwig Tieck, Ludwig Uhland, Wilhelm Muller, Friedrich Ruckert, Joseph von Eichendorff. Lievissime tracce di nastro adesivo rimosso alle sguardie, peraltro copia in condizioni pari al nuovo, ovvero mai letta..
recensione di Cometa, M., L'Indice 1996, n. 4
Con un impegno editoriale non indifferente la casa editrice Rizzoli ha pubblicato i primi due volumi dei quattro che intende dedicare al romanticismo tedesco, affidati alla cura di Giuseppe Bevilacqua, il quale, a sua volta, si serve di collaboratori illustri quali Claudio Cesa, Stefano Poggi, Ida Porena e Valerio Verra. La cura editoriale dell'opera, nel suo insieme, è invece affidata a Sergio Corrado.
I primi due volumi, dedicati alla narrativa e alla lirica, antologizzano quanto di più importante è stato prodotto in ambito romantico, utilizzando alcune traduzioni italiane già esistenti, cosicché il progetto di Bevilacqua si configura anche come un panorama consistente dell'impegno profuso dalla cultura italiana di questo secondo Novecento nella traduzione di testi classici della letteratura tedesca. Val la pena di elencarli tutti, perché senza di loro un'opera di sintesi come quella che stiamo trattando non sarebbe stata possibile. Si tratta di Edgar Lander, Tommaso Landolfi, Maria Enrica D'Agostini, Patrizio Collini, Giulia Ferro Milone, Jean-Daniel Zannino, Magda Olivetti, Carlo Pinelli, Alberto Spaini, Andrea Casalegno, Diana Dell'Omodarme, Consolina Vigliero, Giuliana Pozzo, Rosa Spaini, Clara Bovero, Ida Porena e Sergio Corrado. Fin qui la struttura dell'opera di cui è prevista la continuazione in due volumi dedicati rispettivamente alla saggistica romantica e al teatro e agli epistolari. Il tutto organizzato secondo i principi e l'interpretazione del romanticismo tedesco che Bevilacqua espone nella sua lunga ma godibilissima introduzione, "Le origini del Romanticismo tedesco", destinata al pubblico colto e più ampio, ma in realtà intessuta di questioni con le quali la critica specialistica non potrà fare a meno di confrontarsi.
Si potrà essere più o meno d'accordo, se ne potranno condividere o meno i toni e le modalità, se ne potrà qua e là contestare qualche parte, ma l'introduzione di Bevilacqua costituisce la quintessenza di un confronto critico con il romanticismo che certamente lo ha impegnato per decenni e che tiene conto - basta leggere in filigrana - di molte delle acquisizioni critiche di questi ultimi anni. Molto ampio è infatti lo spettro di suggestioni, di riferimenti, di posizioni polemiche che Bevilacqua mette in scena nella sua introduzione. Un lettore appena più smaliziato, o decisamente iniziato, non tarderà a riconoscere alcuni degli effetti della critica più evoluta del romanticismo tedesco. Proviamo a elencarne alcuni passaggi.
Per Bevilacqua, certamente non incline a divagazioni flosofiche, la cellula germinale della Romantik è Friedrich Schlegel o, più esattamente, il fecondo, anche se distruttivo, scontro-incontro tra il più giovane degli Schlegel e Schiller. Al centro della rivoluzione romantica di Schlegel Bevilacqua pone l'esperienza dell'"antico", intesa come confronto del presente con il passato, ma soprattutto l'ispirazione "repubblicana" cioè "rivoluzionaria" senza reticenze della generazione romantica. Il "Saggio sul Repubblicanesimo" di Schlegel gli sembra l'incunabolo della nuova filosofia. Il nesso tra "interesse politico" e "ricerca storica nell'ambito dell'antichità" è quindi per Bevilacqua decisivo. Da qui l'attenta valutazione dell'ideologia della rivoluzione, sull'onda di quella francese, serpeggiante tra i romantici, ottica che consente la piena valutazione, tra l'altro, di figure come Georg Forster e di Caroline Böhmer, futura musa del cenacolo romantico.
Sul piano filosofico questo "sbilanciamento" sul moderno significò - nota opportunamente Bevilacqua - portare alle estreme conseguenze il pericoloso idealismo, ormai decisamente nichilistico, già contenuto nel saggio sulla poesia ingenua e sentimentale di Schiller, il quale ben comprese sin dall'inizio che la nuova generazione lo avrebbe travolto, e con lui tutto il classicismo di Weimar. Nell'idealismo dei romantici - e qui forse si sarebbe potuto spendere qualche parola in più a proposito dei rapporti tra gli Schlegel, Fichte e Schelling - l'assoluto diviene la categoria fondamentale, finendo non solo per svuotare di senso ogni realtà, ma condannandosi a una ricerca spasmodica e per certi versi inconcludente dell'assoluto che, secondo Bevilacqua, è caratteristica del romanticismo.
Sul piano delle forme letterarie questa tensione verso l'assoluto significò - nella mirabile sintesi di Bevilacqua - la scoperta del "frammento", come forma specifica del pensiero moderno, la crisi di ogni visione normativa dei generi letterari e la loro conseguente mescolanza (soprattutto nel romanzo), la scoperta di un'arte, la musica, l'unica in grado di creare una "cornice" all'infinito, lo sviluppo dell'"autobiografia", prodotto squisito dell'ipertrofia dell'Io tipica dei romantici e, infine, la proposta che tutte le altre racchiude: l'invenzione di un nuovo centro letterario-filosofico-politico, la nuova mitologia.
Per chi conosce i recenti studi sul romanticismo non sarà difficile individuare in queste pagine il distillato di posizioni validamente sostenute in Italia e all'estero, che però sono diluite in un personalissimo ductus retorico che dà grande unità all'affresco di Bevilacqua, sia nelle sue "caratteristiche" più riuscite, ad esempio quando parla di Tieck, di cui individua tutto il nichilismo, o di Hoffmann, sul quale ci regala uno schizzo densissimo, sia quando accoglie posizioni un po' di maniera, come nella descrizione della svolta reazionaria, cioè cattolica e legittimista di Friedrich Schlegel (e degli altri), un fenomeno complesso che forse andava sviluppato più da vicino. Ma se è facile muovere qua e là critiche puntuali, individuare debolezze, difficile è mantenere, come fa Bevilacqua, un quadro coerente di questo sviluppo magmatico della Romantik.
Perché di una cosa l'autore è certo: che è possibile leggere tutti questi variegati fenomeni romantici (da Schlegel a Hoffmann) nell'ambito di un quadro sostanzialmente unitario, legato a una determinata realtà storica (la crisi dell'utopia friedriciana) e irripetibile in quella forma. Ed è senz'altro vero che bisogna far piazza pulita delle innumerevoli e oziose distinzioni tra Vor-, Frü-, Hoch-, e Spät-Romantik per quanto queste "stampelle" siano utili per comunicare in una comunità scientifica. Non si capisce perciò perché anche Bevilacqua alla fine ceda alla tentazione, tipica della critica romantica, di cogliere, nelle "accensioni improvvise" di "desiderio dell'impossibile", come nelle avanguardie novecentesche che "martellano l'assoluto", il bagliore del "solo, autentico Romanticismo tedesco". O forse si capisce: Bevilacqua pensa che siamo ancora tutti dentro quella koin‚ nichilista che i romantici portarono alla luce e spesso misero alla berlina. È un modo per dire che la parabola del Moderno non si è ancora conclusa, e fino a quando non si sarà conclusa la storia del nichilismo, anche romantico, avremo bisogno di questi testi, strazianti e straziati, comici e tragici, ingenui e sentimentali.
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