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La ricerca condotta da Dané e Sangiorgi abbraccia due fasi della vita di un giornale costantemente definito "pericoloso" da Mussolini stesso e dalla polizia fascista. La prima fase è quella dalla fondazione fino alla chiusura ad opera del fascismo: dall'aprile 1923 al novembre 1925. La seconda è quella del "Popolo" clandestino: dal settembre 1943 al giugno 1944. Importanti appaiono, innanzitutto, le fonti utilizzate: oltre alla bibliografia e storiografia esistenti in materia, le carte del fondo Spataro e del fondo Coccia, conservate presso l'Istituto Sturzo - che consentono di ricostruire il lunghissimo calvario economico del giornale -, le testimonianze delle due figlie viventi di Giuseppe Donati, storico direttore del "Popolo", e infine le carte della famiglia Sangiorgi. Ne emerge un quadro articolato di un giornale "aderente" ma non organico al Partito popolare, anzi spesso in lotta con la componente clerico-moderata. Un giornale noto per le sue battaglie sui grandi eventi (la legge Acerbo, il delitto Minzoni, il delitto Matteotti, l'Aventino), ma portatore anche di concrete proposte politiche, come quella di un'alleanza antifascista fra popolari e socialisti, e di un'apertura culturale a voci diverse, non soltanto cattoliche. Non a caso fra le sue firme più prestigiose compaiono quelle di Piero Gobetti, Guido De Ruggero, Vincenzo Mangano, Giuseppe De Luca, Giulio De Rossi, Achille Grandi, Attilio Piccioni.
Francesco Cassata
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