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E' una guida fondamentale, di cui non si puo' fare a meno e a cui riferirsi spesso. Contiene tutte le informazioni essenziali sul romanzo italiano e sugli autori che hanno costituito, bene o male, la nostra identita' culturale.
Recensioni
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recensione di Bardi, M., L'Indice 1998, n.11
L'ambizioso progetto di Tellini - "tentare il disegno storico del romanzo italiano nel corso di due secoli" - mi sembra particolarmente degno d'interesse in quanto disperde due opposte schiere di lettori sospettosi: gli specialisti che ritengono privo di profondità e valore scientifico uno studio che consideri uno spazio di tempo superiore ai trenta-quaranta anni e i lettori colti che evitano come una peste le montagne di carta della produzione accademica. Considerare un genere nel suo percorso storico e al di là della "parcellizzazione monografica" significa non solo recuperare una continuità, ma anche stabilire delle consonanze fra autori e periodi lontani, fissare delle idee-guida, riflettere sui motivi dei diversi orientamenti. Il taglio, rigorosamente cronologico (con studiata simmetria otto capitoli sono dedicati all'Ottocento e otto al Novecento), non prevede una serie di ritratti né un elenco di testi, ma piuttosto - deposta ogni ansia di esaustività - tenta di individuare alcune zone omogenee di ricerca. Il punto di partenza è fissato nel passaggio fra Sette e Ottocento, periodo in cui il romanzo di avventura e quello di costume cedono il passo alle "scritture dell'io" e alle memorie autobiografiche. I capitoli sull'Ottocento sono poi dedicati al passaggio dall'io alla Storia (attraverso Manzoni), alla scoperta del presente e del sociale, all'epica della contemporaneità fra 1850 e '60, al crollo dei miti nell'Italia Unita, all'industria della narrativa, al verismo e ai "cavalieri dello spirito" che dominano la scena "in crisi" della fine del secolo. Si evidenziano già in questa prima parte (che separiamo dall'altra per pura comodità descrittiva, non perché nel testo siano segnate delle cesure fra i due secoli) le caratteristiche del riferimento costante alla cultura europea (da Dickens a Zola, da Darwin a Nietzsche), della rinuncia a ogni semplificazione (anche quando la materia si presterebbe a una volontà classificatoria) e soprattutto della cura di ogni individualità, anche di quelle trascurate e isolate. L'ampio supporto di note informative a piè pagina documenta un lungo lavoro di ricerca che nulla privilegia e nulla scarta, e a ogni parte dedica una giusta misura di attenzione. Il metodo mostra la sua efficacia soprattutto nei capitoli novecenteschi, per i quali l'autore rinviene alcuni percorsi interessanti (si pensi al paragrafo "Che fare?" del capitolo XIV in cui la letteratura degli anni sessanta trova sistemazione in sei sottogruppi definiti con chiarezza), agganciando il discorso sulla letteratura agli avvenimenti della politica e alle scelte dell'industria culturale. Nell'ultimo capitolo il passaggio dall'utopia rivoluzionaria al trionfo del mercato ispira all'autore toni apocalittici e un perplesso rinvio di ogni giudizio di valore: nei dorati anni ottanta e nei novanta multimediali Tellini registra il vuoto, l'omologazione, il virtuosismo. Da qui la scelta - dopo aver richiamato gli autori noti dell'ultima generazione, le scuole di scrittura, i dibattiti sui quotidiani - di chiudere il catalogo con un autore fuori moda, Gesualdo Bufalino, visto come l'interprete solitario del "sentimento rimosso del soffocamento, della malattia, della morte".
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