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In "Romanzo senza umani" Mauro avrebbe bisogno di una macchina del tempo perché "non è facile leggere la vita mentre accade". I temi proposti da Paolo Di Paolo sono interessanti e molto attuali, si va dalla rilettura del passato al valore dei ricordi, all'impatto delle attività umane sull'ambiente al legame con i luoghi che ci sono cari. Tutto l'insieme mi è parso poco convincente sia nella costruzione della storia che nell' incisivita' altalenante della stessa. Sicuramente preferisco ricordare le sensazioni di "Mandami tanta vita".
Cosa ricordano gli altri di noi? Questa è la domanda che ci accompagna durante l'intera lettura. Un viaggio alla riscoperta di se e sugli effetti che hanno i cambiamenti climatici su tutti gli esseri umani. Le basi per un buon romanzo ci sono tutte ma non ho amato lo stile narrativo dell'autore.
Un romanzo intellettuale, inutile negarlo, ma non inaccessibile. D'altra parte la mente che narra, l'io narrante, è accademica, come altro avrebbe dovuto esprimere i propri pensieri. Le parti che riportano le cronache dei secoli gelidi sono davvero piacevoli tanto da invogliare a ulteriori approfondimenti. Per me avrebbero potuto dilungarsi e dilatarsi per capitoli e capitoli. Invece, forse sono soprattutto il pretesto strutturale affinché l'autore possa mostrare il suo messaggio filosofico che riguarda il tempo, la frammentazione di ciò che siamo per gli altri nel tempo della memoria. Persino per noi stessi la percezione del sé si modifica, vanifica e si perde negli anni. Ciò che siamo è una mistificazione proteiforme che lascerà forse qualcosa dopo la nostra morte, ma che non ci apparterrà, come forse non ci è mai appartenuto in vita. Ho trovato interessante, se non mi sbaglio, un uso ricco, talvolta curato, professorale della lingua, ma anche una certa personale espressività che travalica ogni dettame di scuola, ad esempio l'uso della triade di elementi descrittivi, cui può seguire talvolta una coppia ulteriore di attributi.
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