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Descrizione


«È dunque un “io” in filigrana, quello che si scopre in queste pagine. Non una voce che si annulla di fronte all'oggetto della descrizione - il visitatore, il luogo, il legame tra visitatore e luogo - ma una voce che si cerca attraverso tutti quegli oggetti, i quali a poco a poco cambiano di statuto. Assistiamo alla metamorfosi dell’atto della vendita in atto di scrittura. L’appartamento potrà essere venduto, o se si preferisce abbandonato, quando il venditore si sarà completamente trasformato in scrittore.» (Dalla prefazione di Jan Baetens)
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Dettagli

2018
28 novembre 2018
112 p., ill. , Brossura
9788899007577

Voce della critica

Radicamenti perturbanti

di Arturo Mazzarella



In un’ipotetica topografia della nostra esperienza quotidiana il recinto che circoscrive lo spazio dell’abitare è di sicuro il luogo più rassicurante. In genere vale addirittura come una sorta di surrogato della protezione offerta un tempo dall’accogliente ventre materno. È così. Lo sperimentiamo nella vita di tutti i giorni. Nello stesso tempo basta poco, però, che questo guscio familiare diventi di colpo estraneo, trasformandosi nell’epicentro di uno spaesamento che rende irriconoscibile ogni frammento della nostra esistenza, fino a incrinare la compattezza di ciascuna identità. Lo conferma un rapido excursus etimologico, difficile da ignorare: dato che il filologo di riferimento porta il nome di Freud.

In una lunga nota strategicamente inserita nelle pagine di apertura di un oramai celebre saggio del 1919, tradotto in italiano – molto discutibilmente – con il titolo di Il perturbante, Freud si sofferma sull’etimologia dell’aggettivo tedesco heimlich, che significa, secondo la definizione del Dizionario della lingua tedesca di Daniel Sander (1860) riportata integralmente da Freud, «attinente alla casa, non estraneo, familiare, domestico, intimo e familiare, che ricorda la casa, ecc.». Ma l’attenzione di Freud si appunta anche su un secondo, per quanto meno ricorrente, significato corrispondente a heimlich: sul campo semantico che coincide con ciò che è «celato, tenuto lontano dagli sguardi, così che gli altri non ne sanno nulla, sottratto alla conoscenza degli altri». Ciò che inquieta, suscitando «un perturbamento misterioso» – come afferma poco oltre Freud –, rimane legato, in entrambe le accezioni, a una perdita di familiarità che si verifica sia quando diventa estraneo qualcosa ritenuto intimo sia quando «ciò che doveva rimanere nascosto è venuto alla luce».

Gli effetti più inquietanti, maggiormente perturbanti – sui quali Freud, però, non si sofferma particolarmente –, trovano, di conseguenza, la propria origine sempre nello spazio familiare, nel perimetro della casa: luogo di una duplicità che permette di intrecciare nel medesimo nodo l’intimità segreta, protettiva, della domesticità – delimitata dall’area semantica del termine heimlich – con il suo contrario, con la palese estraneità che si prova in un luogo sconosciuto, nascosto (un-heimlich, appunto).

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