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Alcuni lutti non letterariamente trascurabili mi impediscono di imbarcarmi nella mia solita, quotidiana recensione sberleffo, sicché dovrete sorbirvene una pedestre e prosaica. Ma qui, e tacciano i pedanteschi arriciattori di cartoline, siamo di fronte ad uno dei libri più rappresentativi del novecento. Sachs ha desiderato scrivere l'opera capitale per tutta la sua esistenza, ma forse ha indugiato perché sapeva che la sua autobiografia poteva esserlo a pieno rango. Fremo febbricitante d'una febbre urtante e malinconica in attesa della pubblicazione dell'ultimo volume autobiografico pubblicato postumo e di prossima uscita presso Adelphi. Spero che non si tratti di una cosa lunga (quante parole banali, banali, banalità inconcepibili, dio mio!), altrimenti mi toccherà leggerlo in francese, lingua mater, lingua... ma io vi saluto. Grandissimo, sublime Maurice, l'ultimo moralista della nostra epoca, l'ultimo ed unico viveur.
Ci sono molti motivi per cui questo è un buon libro. Cercate di tralasciare per un momento il fatto che sia l'autobiografia di un opportunista che ha finito per collaborare con la Gestapo ad Amburgo, e un'autobiografia molto compiaciuta. In ogni caso credo che la faccenduola-Gestapo compaia nella seconda parte del monumento a se stesso di Sachs, La Chasse à courre. Il Sabba è soprattutto la cronaca di un'epoca: più che di se stesso e della sua presunta depravazione (neanche così impressionante), Sachs parla infatti di altre persone, e lo fa magistralmente. Ognuno di questi ritratti (da Cocteau al teologo che ha convertito Sachs al cattolicesimo, sia pure per brevissimo tempo) è magnifico, intelligente, rigoroso, e la galleria che si costruisce nel corso del libro va a tracciare un'inedita narrazione del movimento culturale parigino degli anni Venti, finalmente sgombra dalla venerazione cieca per quel mondo che ha appestato gran parte del Novecento. Attenzione, però: non ci sono vendicatività o cattiveria gratuita, né l'esigenza di togliersi qualche sassolino dalla scarpa. Le osservazioni di Sachs sono interessanti perché oneste e lucide. Ne consiglio la lettura.
Ennesimo maledetto angelico libro degno degli scaffali migliori, romanzo o autobiografia di un segnato senza un soffio di requie, di purezza o pentimento, ma carico fino alle vette sublimi di una colpa sposata degli errori e delle miserie di una vita uguale a un'avventura. Racconto di atroci contraddizioni umane, di sfide e di impazienze, di incontri, tormenti, un cosmo di emozioni mai stantie riversato in pagine di poesia rarissima. Memorabile l'epigrafe balzacchiana a pag 266: "Chi non ha frequentato la riva sinistra della Senna, tra la rue Saint-Jacques e la rue des Saints-Pères, non sa nulla della vita umana". Meraviglioso libro.
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