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Individuo, individualismo: parole ovvie, a prima vista, senza le quali ci sembra difficile immaginare una società. Ma se le analizziamo, e in particolare se seguiamo Dumont, ci accorgiamo che è vero il contrario: queste categorie sono un’assoluta singolarità nella storia del mondo, un’eccezione che si è manifestata molto recentemente e che si oppone a tutte le altre forme di società, siano tribù o imperi. Ma come, quando, dove, perché è nata questa eccezione? Per capirlo occorreva forse proprio l’occhio di un antropologo che si è esercitato a lungo su una realtà del tutto opposta come quella dell’India (a cui Dumont ha dedicato il suo fondamentale Homo hierarchicus) – e da lì poi si è rivolto al mondo moderno. È proprio in India, infatti, che incontriamo il paradossale capostipite dell’individuo, nella figura del «rinunciante» – l’individuo-fuori-dal-mondo –, che nei primordi cristiani troverà il suo corrispettivo nell’individuo-in-relazione-con-Dio (secondo la concezione di Troeltsch), e subirà ulteriori, sorprendenti metamorfosi, sino alla Riforma protestante, alla Rivoluzione francese e oltre, nella visione dell’idealismo tedesco. Così finiremo per trovarci nel più puro Occidente, dove anche vediamo sorgere la «malattia totalitaria», reazione chimica comprensibile solo all’interno della compagine sociale fondata sull’individualismo. Dumont conduce le sue analisi passo per passo, con sovrana consequenzialità. Osservando l’Europa moderna come una remota tribù, è riuscito a circoscrivere la specificità dell’«ideologia» che ancora sottende le nostre società senza arretrare dinanzi ai nessi più delicati e oscuri, fissando convergenze, opposizioni e punti nevralgici là dove meno venivano percepiti, come per esempio nell’analisi dei rapporti fra totalitarismo (magistrale il capitolo su Hitler), società olistiche arcaiche e teoria occidentale dell’individuo. Le conclusioni a cui giunge l’analisi di Dumont – fra queste: il totalitarismo inteso come «pseudo-olismo» – spezzano dall’interno, in numerosi casi, convinzioni correnti. Come il suo maestro Marcel Mauss (a cui qui dedica un saggio illuminante), Dumont ha saputo in questo libro mostrarci quale sconvolgimento porti nelle idee l’analisi dei «fatti sociali totali».
Saggi sull’individualismo è stato pubblicato per la prima volta nel 1983.
Individuo, individualismo: parole ovvie, a prima vista, senza le quali ci sembra difficile immaginare una società. Ma se le analizziamo, e in particolare se seguiamo Dumont, ci accorgiamo che è vero il contrario: queste categorie sono un'assoluta singolarità nella storia del mondo, un'eccezione che si è manifestata molto recentemente e che si oppone a tutte le altre forme di società, siano tribù o imperi. Ma come, quando, dove, perché è nata questa eccezione? Per capirlo occorreva forse proprio l'occhio di un antropologo che si è esercitato a lungo su una realtà del tutto opposta come quella dell'India (a cui Dumont ha dedicato il suo fondamentale Homo hierarchicus) e da lì poi si è rivolto al mondo moderno. è proprio in India, infatti, che incontriamo il paradossale capostipite dell'individuo, nella figura del «rinunciante» l'individuo-fuori-dal-mondo , che nei primordi cristiani troverà il suo corrispettivo nell'individuo-in-relazione-con-Dio (secondo la concezione di Troeltsch), e subirà ulteriori, sorprendenti metamorfosi, sino alla Riforma protestante, alla Rivoluzione francese e oltre, nella visione dell'idealismo tedesco. Così finiremo per trovarci nel più puro Occidente, dove anche vediamo sorgere la «malattia totalitaria», reazione chimica comprensibile solo all'interno della compagine sociale fondata sull'individualismo. Dumont conduce le sue analisi passo per passo, con sovrana consequenzialità. Osservando l'Europa moderna come una remota tribù, è riuscito a circoscrivere la specificità dell'«ideologia» che ancora sottende le nostre società senza arretrare dinanzi ai nessi più delicati e oscuri, fissando convergenze, opposizioni e punti nevralgici là dove meno venivano percepiti, come per esempio nell'analisi dei rapporti fra totalitarismo (magistrale il capitolo su Hitler), società olistiche arcaiche e teoria occidentale dell'individuo. Le conclusioni a cui giunge l'analisi di Dumont fra queste: il totalitarismo inteso come «pseudo-olismo» spezzano dall'interno, in numerosi casi, convinzioni correnti. Come il suo maestro Marcel Mauss (a cui qui dedica un saggio illuminante), Dumont ha saputo in questo libro mostrarci quale sconvolgimento porti nelle idee l'analisi dei «fatti sociali totali».
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