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scheda di Lo Bue, M., L'Indice 1992, n. 5
Enrico Bellone, storico della fisica e autore di diversi libri a carattere divulgativo su problemi storico-scientifici (ultimo dei quali "I nomi del tempo" edito in questa stessa collana) e curatore presso Boringhieri del volume di opere di Albert Einstein, in questo breve saggio si cimenta con un argomento ai confini tra fisica, intelligenza artificiale ed epistemologia. Partendo da una serie di questioni metodologiche nell'ambito della storia delle scienze naturali l'autore critica sulla base di un'impostazione derivata da Quine alcuni "pregiudizi" sull'attività conoscitiva e in particolare sul ruolo dello storico della scienza. La prima parte del saggio tende ad affrontare questi problemi di metodo dal punto di vista prevalentemente filosofico mentre nella seconda parte Bellone rafforza le argomentazioni appena sviluppate proponendo un modello fisiologico della percezione che partendo dagli studi sui fotorecettori di un piccolo granchio, il 'limulus', e sui neuroni dell''Aplisia' giunge a presentare un modello di percezione e apprendimento la cui base formale è una teoria ben nota ai fisici, quella dei vetri di spin. Questa teoria che descrive sistemi statistici i cui componenti elementari sono sistemi fisici a due stati è stata applicata con risultati molto interessanti per studiare reti neuronali più o meno complesse. Il libro di Bellone è scritto con grande chiarezza ma non è certo un libro facile poiché i problemi trattati sono altamente complessi e tutto fuorché risolti. Lo stile di Bellone oltre ad essere limpido è, come al solito, fortemente polemico e in rapporto ai problemi aperti l'autore non cessa mai di essere "di parte"; questo non toglie nulla al saggio rendendolo semmai più stimolante anche per chi non si trovi sempre in accordo con le sue tesi.
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