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Niente male per essere una tesi di dottorato scritta e pubblicata nel 1889, pressoché gli stessi mesi in cui un altro capolavoro dell'umanità, l'Interpretazione dei sogni di Freud, veniva dato alle stampe. La forza di questo libretto sta nella disarmante semplicità con cui non solo vengono affrontati temi complessi quali i concetti di "tempo", "spazio" o "libertà", ma anche nella breve e lucida disamina dei maggiori filosofi che hanno parlato degli stessi temi (Cartesio, Spinoza, Leibniz, Kant). Oltre al continuo impegno razionale per comprendere i punti di vista della scienza e della psicologia (e del loro incontro nella psicofisica) sono gettate le basi per una analisi dell'io che non sarà solo un frutto raccolto da filosofi e psicanalisti, ma anche da illustri letterati. Non è un mistero che Proust alla sera, invece di andare a letto presto per dormire, leggesse Bergson!
Recensioni
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Merita di essere segnalata la nuova traduzione dellÆEssai sur les données immediates de la conscience licenziata dalla casa editrice Cortina. Pier Aldo Rovatti firma la premessa e Federica Sossi la traduzione; entrambi peraltro già prefatore e traduttrice del volume edito dalla Mondadori nel 1986 che, oltre al Saggio, raccoglieva anche Materia e memoria, L'idea di luogo in Aristotele e Lettere. Federica Sossi ancora una volta sa rendere con eleganza la ricchezza stilistica di Bergson, e con precisione la densità concettuale dell'opera. Quale sia poi l'importanza del Saggio, che ha accompagnato la filosofia novecentesca, e dunque - a nostro giudizio - della traduzione, che viene a colmare una lacuna "didattica" sentita come tale non soltanto dagli studiosi di Bergson, lo sottolinea Rovatti nella premessa. Ma il Saggio è esemplare anche per comprendere una precisa stagione culturale con i suoi intrecci tra l'ambiente filosofico francese e il più vasto orizzonte europeo, un "movimento di idee" - come avrà a dire Bergson - che travalicava singoli pensatori e confini nazionali. L'opera del 1889 è quindi decisiva per ricostruire il percorso tormentato di Bergson, che da interessi specificamente scientifici allargava la discussione al rapporto tra piano metodologico e ontologico (le lezioni di Émile Boutroux non erano passate invano), e s'impegnava a pensare una "nuova" pratica filosofica. Ma decisiva altresì per cogliere il costituirsi di quel fronte comune che, alla fine dell'Ottocento, trovava la propria parentela nella critica della scienza come modello teoretico, indispensabile svolta - agli occhi di Bergson - per rispondere a un "bisogno di filosofia" che la tradizione kantiana e positivistica aveva sepolto, aprendo così illuminanti e avvincenti scenari sul lungo percorso che, a cominciare da Platone, aveva decretato la crisi della metafisica.
Vincenza Petyx
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