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Allora, questo libricino l’ho trovato un po’ come quei film che ti fanno uscire dalla sala con l’amaro in bocca ma riesci ad apprezzarli dopo un po’ di tempo.. È parecchio descrittivo, lo scenario che ti fa immaginare è suggestivo ma l’ ho trovato un po’ ripetitivo. Dopo qualche giorno però sono ritornata a pensarci e questo me lo ha fatto rivalutare. Edizione sempre impeccabile di Abeditore.
In poche pagine, nelle quali non succede quasi nulla, Blackwood tesse una trama inquietante. L'atmosfera si fa via via più tesa e il lettore si accorge di trattenere il respiro durante le descrizioni del paesaggio e delle emozioni del protagonista, chiedendosi se sia tutto vero o sia tale solo nella mente del personaggio. Neanche il finale chiarirà del tutto la vicenda, ma non è essenziale: a contare è il viaggio non il punto di arrivo. Complimenti alla casa editrice, che sforna capolavori che sono anche dei gioielli per gli occhi dei bibliofili.
Ci sono luoghi in cui gli uomini non sono desiderati, angoli di mondo nascosti tra le pieghe della realtà che non vogliono essere visti da occhi blasfemi di creature fatte di carne, deboli esserini che si credono il centro dell'universo. Ci sono forze assopite che non devono essere risvegliate, entità che non devono essere disturbate. In questi spazi incastrati tra la realtà che crediamo di conoscere e il mondo segreto che si nasconde sotto i nostri occhi, i contorni sfumano. Una sottile linea, quasi invisibile, separa timidamente ciò che vogliamo vedere da ciò che si presenta davvero sotto i nostri occhi. Blackwood ci porta nelle profondità della mente umana, scalino dopo scalino, iniziando dal dubbio per poi passare all'incubo, alla visione e all'alienazione per arrivare al delirio. In una continua lotta per cercare di mantenere il controllo sulla propria mente, due uomini si ritroveranno circondati da una natura soffocante che sembra avvicinarsi sempre di più e tendere i suoi avidi rami verso di loro. Questa non è altro che la storia di una natura affamata che silenziosa si procura il prossimo pasto. Le fronde ondeggianti dei salici ballano a ritmo di musica inesistente, le radici profonde che avvinghiano quell'isolotto di fortuna su cui i due uomini sono riusciti a mettersi in salvo dalla forte corrente del Danubio. C'è qualcosa, però, che disturba le menti dei due, un sesto senso, un campanello d'allarme che è troppo nascosto tra le pieghe dell'inconsapevolezza per essere sentito. Una paura primordiale si risveglia nel cuore dei due uomini, un'angoscia esasperante li avvolge completamente e che riesce a trasmettersi anche al lettore. Una narrazione conturbante in cui chi legge non è altro che una nuova preda dei salici che sinousi si muovono contro il cielo, le argentee fronde che vibrano per l'eccitazione.
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