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«Sarà un bellissimo numero». Carteggio 1948-1959
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Dettagli

2011
1 gennaio 2012
252 p.
9788863723847

Voce della critica

La vera novità, direi la rivelazione del carteggio Bassani-Caetani è proprio lei, la principessa Marguerite Caetani duchessa di Sermoneta (Giorgio Bassani e Marguerite Caetani, "Sarà un bellissimo numero". Carteggio 1948-1959, a cura di Massimiliano Tortora, pp. 219, € 35, Edizioni di Storia e Letteratura, 2011), e non soltanto perché possiamo leggere 124 sue lettere inedite, primo vero corpus in proposito, rispetto alle sedici lettere edite di Giorgio Bassani, ma anche e soprattutto perché quelle sue 124 lettere ci fanno entrare dentro il suo fervido e mobile laboratorio, aiutati dall'impeccabile cura di Massimiliano Tortora. D'altra parte il ruolo e la politica d'autore di Bassani, le caratteristiche di "Botteghe oscure", il lavoro redazionale, le relazioni con gli autori sono temi già molto indagati. Basterà ricordare La rivista Botteghe oscure e Marguerite Caetani. La corrispondenza con gli autori italiani, 1948-1960 (a cura di Stefania Valli, L'Erma di Bretschneider, 2000) e Giorgio Bassani critico, redattore, editore. Atti del Convegno 28-29 ottobre 2010 (a cura di Massimiliano Tortora, pp. 233, € 38, Edizioni di Storia e Letteratura, Roma 2012). Tutte iniziative della Fondazione Camillo Caetani. Di Marguerite Caetani sono ben note la determinazione direttoriale, la vocazione accentratrice, la notevole cultura, l'intelligenza diagnostica, la sensibilità letteraria, l'impegno disinteressato, la generosità materiale e morale, che vengono certamente confermate qui, ma con molte nuove accentuazioni e illuminazioni che almeno in parte integrano la sua immagine, correggendone alla fine anche certi tratti acquisiti: come quelli per esempio della donna di genio e sregolatezza. Con il suo delizioso italiano approssimativo (che lei stessa definisce "il suo cattivo italiano") rafforzato da frequenti sottolineature, Marguerite Caetani si muove con sicurezza ai livelli più alti delle politiche d'autore e dei valori letterari, e vien raccogliendo tra il 1948 e il 1960 molti di quelli che già sono o presto diventeranno i grandi nomi della letteratura italiana, europea e nordamericana contemporanea. Ma con la stessa sicurezza si muove ai livelli più pratici, tecnici, organizzativi. Le lettere sono percorse infatti da una costante, serrata, intensa operatività e funzionalità, vere note di lavorazione che seguono l'intero iter ideativo e produttivo della rivista: ricerca di collaboratori e traduttori e relativi rapporti; richieste di testi, movimento dei manoscritti, letture editoriali e bozze; composizione, stampa e confezione di ogni numero; costi, tirature e spedizioni; rapporti con le tipografie e compensi agli autori; distribuzione, promozione e vendite in Italia e all'estero; abbonamenti, recensioni e premi; e altro ancora. Un attivismo sempre animato da un calore umano, che si manifesta anche nelle private notizie sui suoi viaggi all'estero, e nella premurosa partecipazione ai problemi di salute e di famiglia del redattore amico Giorgio Bassani. La grande capacità di lavoro dell'operosa principessa viene evidenziata con forza dalla schiettezza dei suoi sfoghi e delle sue confessioni a Bassani. Eccone una piccola campionatura: "casco dal sonno", "ero così stanca che non mi ricordo niente", "lavoro sempre per la rivista", "non ho avuto un momento di pace", "le mille cose che avevo da fare", "scrivo, scrivo, scrivo e mi riposo che ero stanca morta", "i miei nervi non tengono più", ecc. Anche l'evoluzione dei rapporti tra i due corrispondenti, analizzata via via negli studi di questi anni, fino alla puntuale introduzione di Massimiliano Tortora al carteggio, con il passaggio nel 1956 dalla dipendenza all'autonomia di Bassani nei confronti della sua direttrice, trova qui precise conferme, ma al tempo stesso si arricchisce di accenti, sfumature e risvolti molto interessanti e nuovi. Nella fase più ampiamente documentata della dipendenza, colpisce un filone esplicitamente direttoriale: dall'autoritario e ritornante "bisogna", a tutta una serie di intimazioni analoghe, come "urge", "mandarmi subito", "al più presto"; dalle critiche e rimproveri diretti o indiretti, come i polemici "si perde troppo tempo", a certe risentite esplosioni per disfunzioni, ritardi e disguidi indirizzate anche a collaboratori e tipografi: "sono seccatissima", "veramente sono molto seccata", e simili. Ma può accadere che anche nella fase della dipendenza siano numerose le lettere in cui Marguerite Caetani lascia a Bassani una decisione, o gli chiede un parere nelle più diverse occasioni, o gli dispensa elogi e gratitudine: "Lei sceglierà", "Lei faccia quello che crede meglio", "Chi suggerisce?", "Mi fido di Lei", "La prego di decidere Lei", "Come ha lavorato bene. È meraviglioso! Bravo!", "Quanta fatica e pena si dà. (…) Grazie tanto, tanto di tutto il lavoro che fa", "Bravo bellissimo mi piace moltissimo". Per non parlare poi delle esplicite manifestazioni di amicizia e affetto, stima e interessamento, che accompagnano con continuità l'intero carteggio, dalla fase della dipendenza e dell'accettazione alla fase dell'autonomia e indipendenza di Bassani: quando esprime "grande gioia" per le sue affermazioni di autore, e quando si dà molto da fare per suoi rapporti con agenti italiani e stranieri. Nelle lettere del resto Marguerite Caetani passa progressivamente dal "Caro Amico" e "Carissimo Amico" (con la maiuscola) a "Caro Giorgio". Certo, nel lavoro documentato dalle lettere di Marguerite Caetani si avverte talora un certo disordine, che probabilmente può anche spiegare le poche lettere di Bassani da lei conservate, ma nonostante ciò le disfunzioni e gli incidenti, i ritardi e gli errori che provocano qua e là le sue reazioni di rabbia, "disgusto", " infelicità" e "angoscia", più che a disinteresse e insofferenza per le piccole pratiche e per le regole organizzative (nelle quali mostra invece di impegnarsi, sia pure a modo suo) sembrano piuttosto da attribuirsi a quella sua vocazione accentratrice. L'impavida direttrice se ne assume tutte le conseguenze che spesso, bisogna dire, dipendono più dai collaboratori, stampatori e distributori che da lei. Quando perciò dichiara risentita che "deve occuparsi di questi dettagli", e che "si deve fare tutto da sé sempre", Marguerite Caetani non fa che riaffermare coerentemente il suo stile di lavoro. Il tratto unificante dei suoi comportamenti e delle sue reazioni è comunque e sempre la concisione e rapidità. E questo anche nelle scelte e nei rifiuti dei vari testi, che non vanno molto al di là dei sì e dei no molto netti e dei pronunciamenti essenziali: "mi piace", "mi piace molto", "mi piace tanto", "mi piace moltissimo", o "non mi piace", "non mi piace", "non mi piace tanto". Arrivando tutt'al più a definire "monotono", "noioso", "pesante", o per contro "bello", "molto bello" un certo testo. Dove il giudizio di puro gusto e il criterio squisitamente antologico di Marguerite Caetani si intrecciano con la consapevolezza del suo ruolo di fondatrice, finanziatrice e direttrice, che sembra quasi non sentire la necessità di dire qualcosa di più. Si comporta in fondo, come molti editori. Il suo giudizio di gusto è confermato dalla dichiarata avversione nei confronti dei testi letterari, a cui è sottesa una politicità ritenuta troppo scoperta e programmatica, per una donna peraltro che ha nella sua biografia e nel suo epistolario precise tracce di passione civile e di antifascismo. La vittima più illustre è il racconto di Bassani Gli ultimi anni di Clelia Trotti, da lei rifiutato con parole cortesi ma decise. Indirettamente significativo anche il rifiuto di un saggio alfieriano di Giacomo Debenedetti. Marguerite Caetani in una lettera motiva con rispetto e ammirazione a Debenedetti la sua decisione, in base ad argomenti legati all'impostazione della rivista. Ma interessante è soprattutto la risposta data a Bassani, che sosteneva la pubblicazione di Debenedetti: "Non so come mai Lei mi spiega tante cose su di lui che già conosco, militante antifascista etc. etc. Non trovo che ha niente a che fare con la bellezza!". Nell'atteggiamento e comportamento di Marguerite Caetani, in sostanza, si alternano e fondono attivamente una determinazione e un decisionismo quasi manageriali, uno scrupolo artigiano nella costruzione del prodotto ben fatto, la versione moderna di un raro mecenatismo, un entusiasmo e un orgoglio per la sua creatura come espressione del suo amore per la letteratura: "Sarà un bellissimo numero" appunto. Ne risulta perciò un'originale figura di imprenditore-intellettuale-mecenate, e di principessa illuminata e operosa. Ma il carteggio offre anche nuove notazioni e notizie sulla fitta rete di relazioni con intellettuali illustri, da Berenson a Mattioli a Paulhan ad altri, e di contatti con collaboratori preziosi, da Elsa Dallolio a Elena Craveri Croce. Della quale Marguerite Caetani riferisce nel suo italiano questa lusinghiera informazione: "Papà piace molto 'Botteghe oscure'". Gian Carlo Ferretti

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Conosci l'autore

Giorgio Bassani

1916, Bologna

Scrittore, critico, redattore e collaboratore di importanti riviste letterarie, è stato per un periodo anche vicepresidente della Rai. Trascorre l'infanzia e l'adolescenza a Ferrara, che resta per sempre nel suo cuore e diventa teatro delle sue creazioni letterarie. Partecipa alla Resistenza e, dopo la guerra, si dedica alla vita culturale come narratore e poeta. Nella sua veste di direttore editoriale, scopre "Il Gattopardo" di Tomasi di Lampedusa. Dopo la pubblicazione di "Cinque storie ferraresi" e de "Gli occhiali d’oro", Bassani raggiunge un grande successo di pubblico nel 1962 con quello che è considerato da più parti il suo capolavoro, "Il giardino dei Finzi-Contini".  Nel 1974 esce "Romanzo di Ferrara", che ne raccoglie l’intera...

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