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Descrizione


Non passa settimana senza che sui giornali italiani, e stranieri, compaia un disegno di Saul Steinberg, così che gran parte dei lettori conoscono perfettamente il suo lavoro ma quasi mai il suo nome. Steinberg è un illustratore, uno dei più grandi, e tuttavia vige la convinzione che un illustratore sia meno di un artista: un artista incompiuto. Se poi il disegnatore lavora per quotidiani o riviste, il suo lavoro non è troppo considerato: vive sui margini dell'arte. Il nome di Saul Steinberg non figura in nessuna storia dell'arte. Questo numero di "Riga" vuole colmare dunque una eclatante lacuna, proponendo di leggere l'opera di Steinberg all'interno della storia dell'arte del Novecento, alla stregua di un suo significativo capitolo.
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Immagini:

Saul Steinberg

Dettagli

2005
411 p., ill. , Brossura
9788871684192

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Libetta
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Contributi dallo scientifico al personale, esame attento tratto per tratto di quello che fu uno straordinario ed unico artista, dalle osservazioni di Roland Barthes del 1976 circa ogni punto saliente della sua poetica, l'analisi critica di Rosemberg in occasione della mostra al Whitney che nel '78 lo consacrava come artista fino agli ultimi, composti dopo la morte. Del dolore, anche, per la testimonianza di Tullio Pericoli circa un'opera murale andata misteriosamente perduta e rimasta soltanto nelle fotografie di Ugo Mulas. Inoltre una raccolta di interventi, tra i quali alcuni davvero stupendi, anche per chi non ne fosse un appassionato (e Riga è ottima anche per questo) come la descrizione di Saul Bellow degli aperitivi nel salotto Steinberg, la nostalgia scorbutica verso la Romania raccontata da Manea, la generosità nelle prove di Updike, Charles Simic e l'impatto con le cittadine americane e tutto lo struggente mondo fatto di nasi (Gogol, in origine), maschere necessarie, personali realtà viste nei riflessi, ombre paradossali, coccodrilli artefici di destini, palazzi millimetrici, impronte digitali totali, gatti che si credono umani, tutto spiegato tramite interviste e conversazioni. Incantevole.

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Voce della critica

A Saul Steinberg (1914-1999), artista tra i più geniali del Novecento, è toccato un destino che ricorda quello di certi omini spigolosi partoriti dalla sua paradossale immaginazione: è stato divorato senza residui dai suoi disegni, che hanno invaso e colonizzato la cultura figurativa della seconda metà del secolo passato, lasciando trasparire poco o nulla della vita e della persona del loro creatore. Se per l'uomo della strada l'associazione tra un quadro famoso e il nome del pittore (si tratti di Picasso, di Mondrian o di Chagall) scatta automaticamente, la stessa cosa non avviene di fronte alle invenzioni steinberghiane: l'uomo disegnato che si cancella con un tratto di penna, la mano sinistra che cancella la destra nell'atto di disegnare la sinistra, il gatto pittore che dipinge pesciolini in stile rigorosamente cubista sono familiari al grande pubblico, ma non evocano per lui la precisa fisionomia di un artista ben riconoscibile, consacrato da manuali e musei. Di questo, Steinberg si sarebbe forse rallegrato, avendo fissato in una vignetta alquanto icastica la sua visione del Pittore Illustre: sepolto sotto una pioggia di medaglie, che la fortuna continua a rovesciargli addosso dalla sua cornucopia, il poveretto emerge soltanto con le punte dei piedi, mentre di fronte a lui, sul cavalletto, una tela vergine aspetta invano di trasformarsi in quadro.
Al relativo misconoscimento della personalità di Steinberg da parte del pubblico di massa, ha però corrisposto, specialmente dagli anni settanta, l'interesse crescente di scrittori e critici per le sue doti di testimone del mondo contemporaneo, di manipolatore di segni e di stili, di creatore di rebus e di enigmi: è quanto documenta, con una profusione sontuosa di materiali anche rari, questo numero monografico di "Riga". Vi sono rappresentati artisti e scrittori che a Steinberg si sentivano vicini: Tullio Pericoli, che in una serie di straordinari ritratti coglie la disponibilità del suo viso al gioco citazionista; Calvino, attento a tutte le occasioni in cui "il disegno scavalca la frontiera tra sé e il mondo "; Ionesco, affratellato a lui dall'infallibile sensibilità a tutte le forme del vaniloquio novecentesco; Saul Bellow, suo compagno in un improbabile viaggio africano tra i cacciatori di coccodrilli; Norman Manea, interlocutore di curiose, tardive evocazioni della Romania dell'infanzia, "terra del dadaismo".
Un discorso più propriamente critico si snoda poi attraverso una serie di studi, o di riflessioni, che collocano Steinberg nella cultura del suo tempo: per Harold Rosenberg "è un Duchamp che ha superato l'anti-arte evidenziando le potenzialità dei meccanismi formali che operano a qualsiasi livello dell'esperienza umana", per Roland Barthes, il più ingegnoso mescolatore di codici disparati, per Gombrich, un geniale quanto misconosciuto innovatore del rapporto tra forma e contenuto. È a Steinberg stesso, però, non ai suoi numerosi e prestigiosissimi commentatori, che è affidata la presentazione al tempo stesso più commovente e più esilarante della sua arte: una cronologia illustrata che allinea, dal 1914 al 1973, minuscole fotografie molto datate, disegni di viaggio, vignette e aneddoti scintillanti di candida ironia.

Mariolina Bertini

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