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La musica per film, come universo vasto che va dalla pre-produzione ai dischi delle colonne sonore, è l'oggetto dell'analisi condotta da Roberto Calabretto. Un'analisi, scrive l'autore nell'introduzione, destinata a "studenti del Dams (
) del Conservatorio (
) e a tutti gli amanti della settima arte", che fortunatamente riesce spesso ad andare oltre le sue intenzioni. Infatti, pur conducendo uno studio sistematico della materia, Calabretto evita i difetti di tanta saggistica divulgativa e non è mai schematico, riassuntivo o semplificante. Sceglie un approccio più diretto e forse faticoso, decidendo di partire dai testi e dai contesti, ma arriva sempre con efficacia e rigore al centro delle questioni teoriche fondamentali.
Il libro si articola in tre grandi aree tematiche. La prima è una lunga introduzione dedicata ai musicisti e al loro rapporto, talvolta conflittuale, con il mondo cinematografico; dai suonatori di pianoforte nel periodo del muto a chi programma i sintetizzatori di tanto cinema contemporaneo. L'autore qui non cade nell'errore di assecondare le ragioni dei compositori. Non si limita a presentarli come vittime intrappolate nel rigido sistema industriale, ma, al contrario, fa emergere, in maniera intelligente, la dignità artigianale dello scrivere musica per il cinema, e sottolinea la qualità dei risultati estetici raggiunti grazie alla tensione dialettica tra volontà artistica e esigenze di produzione: "Il musicista dice Nicola Piovani deve invece assecondare e affinare al massimo l'artigianato (una parola che non voglio usare né in senso modesto né umile), proprio l'artigianato deve contribuire a portare in porto una poetica".
La seconda e la terza parte del libro affrontano i momenti-chiave della "scrittura sonora": l'allestimento musicale e la post-produzione. Sebbene queste pagine conservino un impianto di stampo manualistico, sono i casi di studio affrontati a non renderle banali resoconti teorici e a restituire la complessità che si cela nella costruzione del "paesaggio sonoro". È sufficiente prendere in considerazione i paragrafi dedicati a La strada per rendersi conto di come l'autore arrivi, attraverso l'analisi puntuale del testo, a rivelare la profondità della musica cinematografica, "quel luogo che trascende secondo Michel Chion tutte le barriere materiali".
Conclude il volume una veloce panoramica sul processo di riallocazione subito da molta musica cinematografica, entrata, grazie alla sua riconoscibilità, a far parte di nuovi contesti e situazioni distanti da quelli originari. Queste ultime pagine danno l'impressione di essere un po' slegate, in una trattazione che risulta fin lì molto compatta: la loro scarsa incisività le fa apparire infatti più un'appendice che un finale. Forse sarebbe stato meglio chiudere con l'ottimo capitolo dedicato a questioni fortemente contemporanee come restauro, nuove sonorizazioni e digitalizzazioni. Questo è però solo un appunto, forse troppo severo, che nulla toglie all'ottimo lavoro di ricerca, analisi e soprattutto di sintesi svolto dall'autore.
Erion Kadilli
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