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Un Dürrenmatt non più così apocalittico, anche se meno che mai integrato, è quello che ci viene restituito da Le scintille del pensiero, che Daniel Keel, amico ed editore dello scrittore svizzero, ha messo insieme, sotto forma di raccolta di aforismi, sforbiciando nelle sue opere e riorganizzando in un dizionario gli stralci. Alla voce Politica, leggiamo: "Dalla politica alcuni si attendono ancora tutto, altri più nulla. Alcuni l'hanno trasformata in metafisica, altri in commercio, ma si tratterebbe solo di usarla come uno strumento che non facesse violenza all'uomo né lo sfruttasse, e gli desse invece sicurezza". Se l'interesse per il mondo percorre tutto il libro, e se lo scrittore proclama la necessità che l'Occidente si confronti con il comunismo allora imperante, d'altro canto ritroviamo la volontà di escludere dalla propria scrittura un "impegno" diretto: "Se mi chiedono quale sia il significato delle mie opere per lo più rispondo che se conoscessi il significato delle mie storie scriverei direttamente il significato, il messaggio, e potrei così risparmiarmi la fatica del resto". Anche se è chiaro che qui la posta in gioco va al di là della politica e riguarda "la problematica filosofica" del senso di ciò che si fa. Questo, dice Dürrenmatt, chiedetelo al critico, non all'autore. Lo scrittore fornisce "soggetti e non consolazioni, materiale esplosivo e non tranquillanti". E a proposito del teatro, lamenta la perdita dell'incantesimo che una volta era in grado di suscitare e la pretesa che l'attore stesso, non più risucchiato dal ruolo che impersona, invece "si faccia interprete di una critica sociale, e che sul palcoscenico si collochi accanto a se stesso, quasi sdoppiandosi (e come si fa?)". Ma questo non è il manifesto d'una fuga. Alla fine leggiamo: "Dobbiamo avere il coraggio di non rinnegare il nostro tempo. (...) Protagonisti del nostro tempo siamo tutti noi, e il compito da assumere, e da assolvere, è la nostra vita quotidiana".
Enzo Rega
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