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Il volume ripercorre le avventure della parola scritta e parlata incisa e cantata dalle prime testimonianze della cultura medioevale alla varietà delle lingue e dei generi del periodo ottomano. + un mondo di pietra quello che ancora oggi nonostante le infinite distruzioni recenti caratterizza il paesaggio bosniaco. Sono i monumenti e le fontane i ponti e le lapidi le chiese e le moschee le medrese le case dei dervisci che rivelano iscrizioni e poesie sono le necropoli con le particolari steli funerarie dette stecci la cui originalità e origine continuano a far discutere.
E sono spesso anche i cimiteri improvvisati sorti durante l'ultima guerra un po' dappertutto. Le pietre tombali dal tetto a timpano che hanno epitaffi iscritti con la variante bosniaca dell'alfabeto cirillico e simboli figurativi variamente interpretati e decifrati preservano il loro segreto. I marmi bogomili sono in mostra per la prima volta a Parigi nel 1950; lo scrittore Miroslav Krleza parla di motivi vichinghi e di enigmi ciclopici Parmeggiani Dri cita studi che hanno rilevato coincidenze con il mondo delle immagini di Hyeronimus Bosch. La particolarità e la non semplice collocazione dell'eresia dei bogomili l'ha trasformata in una sorte di lente attraverso la quale leggere la storia arzigogolata della Bosnia Erzegovina. Insistere sul loro essere stati perseguitati da tutte le confessioni sostenere la tesi di un'autarchia estetica dei bogomili significa infatti indicare la possibilità di una terza via bosniaca di una tradizione diversa da quella serba e croata e originale anche all'interno del mondo islamico.
In una regione che ha conosciuto gli Illiri e i romani Bisanzio e la cristianità cattolica e ortodossa molti secoli (XVI-XIX) di presenza islamica e poi una occidentalizzazione accelerata gli elementi di continuità e di rottura si sono espressi in una convivenza di elementi interni ed esterni che secondo alcuni si riflette anche nelle caratteristiche dei cibi locali. Il periodo ottomano ben rappresenta questa ricchezza: si usano lingue diverse per la comunicazione interpersonale e per le attività culturali il turco per i sudditi islamizzati colti l'arabo che designa l'ambito spirituale il persiano la poesia lo spagnolo-ladino la poesia orale degli ebrei sefarditi.
Ed è del cimitero sefardita di Sarajevo (divenuto nel passato recente fronte di battaglia) che nel 1954 Ivo Andric legge le lapidi: "+ la tragica geografia di persone che per la maggior parte non desideravano neppure conoscere molto di pi· della loro città della loro casa e del loro negozio. Qui c'è la tomba simbolica dei nostri sefarditi distrutti e sradicati. In piedi con la mano su quella pietra come molti altri sono stati e staranno affondo in un cocente cordoglio e mi perdo in riflessioni su un sistema di salvaguardia comune che l'umanità se vuole avere il diritto di portare questo nome deve organizzare contro tutti i delitti internazionali creando cos8 una difesa sicura e una giustizia reale contro tutti gli assassini di persone e di popoli".
Nicole Janigro
Il volume offre un sorprendente percorso attraverso la poesia della Bosnia e dell'Erzegovina, proponendo una scelta di testi e immagini capaci di rivelare il mosaico culturale e linguistico che rende questa regione una delle più complesse, tragiche e affascinanti d'Europa. In Bosnia ed Erzegovina popolazioni e civiltà occidentali e orientali si sono succedute o hanno coabitato nei secoli, con le loro lingue e culture, i loro alfabeti e le loro simbologie, lasciando traccia di sé nella ricca tradizione orale o su preziose pergamene, ma soprattutto sulla pietra. Oltre che nella parola incisa, qui la memoria ha trovato espressione poetica anche nella parola modulata dei canti lirici ed epici in lingua popolare bosniaca, e nella parola scritta della poesia mistica e lirica in turco e persiano.
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