La scuola bocciata si presenta come un testo a metà strada tra il saggio e il racconto esperienziale. Questa la formula narrativa scelta dell'autore Tommaso Travaglino, giornalista, sindacalista e docente da più di vent'anni, impegnato nel progetto nazionale Chance-Maestri di Strada Onlus, che si occupa del recupero e della prevenzione della dispersione scolastica tra gli adolescenti della zona di Napoli. Il titolo così come l'immagine in copertina (una maestra che grida contro un bambino altrettanto arrabbiato) non sono dei più felici, ma sintetizzano il pensiero amaro dell'autore. La scuola, vista da Travaglino, è in buona sostanza una somma di mali sociali. Un rifugium peccatorum dove si concentrano malessere esistenziale e demotivazione alla crescita a tutti i livelli. Attingendo a un ricco caleidoscopio di personaggi reali, ricorrendo talvolta a colorite e poco edificanti descrizioni, il maestro napoletano ci presenta collaboratori scolastici per nulla propensi al lavoro e colleghi inabili nell'affrontare i cambiamenti, specie quelli tecnologici. La critica alla categoria degli insegnanti non si ferma qui: i più risultano incapaci di comunicare con gli studenti, di fare leva sui loro bisogni e quindi di interessarli allo studio. La scuola italiana, afferma l'autore, è ancorata a una prassi pedagogica priva di vivacità e fantasia, a un "polpettone didattico pesante da digerire". Manca l'attenzione allo sviluppo delle competenze e ciò non va incontro alla crescente complessità che il tessuto sociale odierno (in particolare quello napoletano osservato da Travaglino) propone. A bilanciare la critica serrata vi sono le soluzioni suggerite dell'autore, ovvero un diverso approccio all'insegnamento che muova dai modelli delle intelligenze multiple teorizzate da Howard Gardner e da quello dell'intelligenza emotiva di Daniel Goleman, secondo il quale l'apprendimento è efficace solo se fa leva sull'emozione alimentata dalla motivazione. A tale proposito, Travaglino racconta la preparazione del film Il Soffio del Vento del Nord, un progetto destinato al Giffoni film festival, che ha messo in campo le abilità e i talenti interdisciplinari dei suoi alunni. Altro punto focale del pensiero del maestro è il tipo di relazione che si dovrebbe instaurare tra docente e discente, che presuppone un'apertura e un affetto tali da rendere possibile il dialogo e la condivisione. La base perché ciò avvenga, come teorizzato da Paulo Freire in La pedagogia degli oppressi (Gruppo Abele, 2002) è l'amore: "non esiste dialogo se non esiste un amore profondo per il mondo e per gli uomini (
). Se non amo il mondo, se non amo la vita, se non amo gli uomini, non mi è possibile il dialogo". Illuminante è la citazione del Menone di Platone, in cui uno schiavo privo di cultura viene condotto alla conoscenza da Socrate attraverso il dialogo, un caso di maieutica socratica, l'arte di "far partorire" la verità. Così dovrebbe agire il maestro, cambiando modus operandi, evitando l'immobilismo pedagogico, fuggendo sia l'effetto Pigmaglione, per cui solo chi è capace diventerà più capace sia l'effetto alone, secondo cui chi è svantaggiato è condannato all'ignoranza. La Scuola, per Travaglino, avrebbe un alto compito da svolgere: la crescita umana e culturale delle generazioni. Oggi però l'istituzione ha perduto la sua autorità, non è più terreno di speranza né di riscatto sociale ma si è data in pasto a una società liquida, che ne fa oggetto anziché soggetto di cambiamento. Invece l'autore affida alla scuola un imperativo etico: quello di dare delle risposte a una società moralmente povera. Viene da chiedersi se essa abbia davvero tanta responsabilità, se sia mai stata in grado di svolgere un tale ruolo (se sì, in che fase storica? E con quali strumenti?) o se non tocchi prima alle famiglie fare da "incubatrice etica" alla formazione umana dell'individuo. Insomma La scuola bocciata rappresenta una testimonianza del mondo della scuola, ma nel concreto non aggiunge niente di nuovo al dibattito sul sistema scolastico, non suggerisce una via possibile, fa nascere interrogativi ma non propone soluzioni spendibili. È ormai consuetudine riversare colpe sul mondo della scuola (lo fanno tanti saggi pubblicati negli ultimi anni) volendo ignorare che questa istituzione è un viluppo di problemi di non facile soluzione, anche perché la scuola non possiede gli strumenti adeguati e le risorse necessarie per far fronte all'emergenza sociale odierna. Alla fine pare che il buon funzionamento di questa istituzione sia sempre e comunque affidato al buon senso e alla dedizione dei singoli i quali, trovandosi spesso a fare i conti con dei vuoti amministrativi, sono costretti a fare quello che possono per venire incontro alle necessità di un mondo tanto complesso. Elena Girardin
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