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Sulla scia di Hobsbawm la storiografia recente ha avanzato svariate proposte di partizione del Novecento. Quella di Jean-Jacques Rosa richiama l'idea di un "secolo spezzato" per riprendere l'espressione utilizzata qualche anno fa da Leonardo Rapone. Il ventesimo secolo dunque si scinde. Nella prima parte le cui radici affondano nella cosiddetta "seconda rivoluzione industriale" il libero scambio e la filosofia del progresso ereditata dall'Illuminismo cedono gradualmente il posto allo statalismo alla contestazione radicale dei mercati e al totalitarismo politico. È la "grande trasformazione" di Polanyi con un giudizio di segno opposto e una sua riduzione all'esito antidemocratico. Il secondo ventesimo secolo "simbolicamente avviato dalla protesta studentesca del 1968" registra invece il ritorno dei mercati e della frammentazione di tutte le grandi gerarchie private e pubbliche. Imperialismo e centralizzazione lasciano il posto a disgregazione e liberalizzazione. Fino ad arrivare alla globalizzazione. Alle rigide categorie di classe razza e nazione subentra quindi l'individualismo democratico. Questa lettura che Rosa fa del Novecento tutt'altro che irreprensibile sembra discendere unicamente dalle sue competenze economiche. Egli osserva come la tendenza di fondo delle strutture organizzative sia del tutto opposta a ciò che le innumerevoli fusioni di imprese lasciano pensare e proceda nella direzione di una rapida crescita di piccole e medie imprese. Scompaiono dunque i conglomerati. Si va verso il downsizing. E il monismo interpretativo così conduce l'autore a giustificare politicamente e moralmente la globalizzazione.
Giovanni Borgognone
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