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"Segmenti e bastoncini" di Lucio Russo è il libro capostipite della "letteratura" incentrata sull'analisi dello sfacelo a cui la scuola italiana è sottoposta a causa delle varie riforme succedutesi nel corso di più di vent'anni: infatti tale libello fu pubblicato mentre nelle sale insegnanti di tutte le scuole italiane ferveva il malcontento per la prima riforma che avrebbe cambiato i connotati della scuola italiana e che portava il nome di Berlinguer (1998). Tale impianto spostò definitivamente l'asse della scuola da una dimensione culturale e finalizzata alla trasmissione di un sapere astratto ad una di tipo più consumistico volto a diffondere un sapere utile, spendibile nell'immediato nel mondo del lavoro e i cui contenuti non fossero più trasmessi attraverso la tanto vituperata "lezione frontale", ma attraverso mezzi più allettanti per i discenti, tra cui i videogiochi (sigh!): ciò ha portato ad una deminutio capitis non solo del sapere in sé, delle lingue classiche, della storia (e quindi del liceo classico tout court), ma anche della matematica e della geometria che dovevano essere trasmesse in modo semplificato perché l'astrazione insita anche nelle materie scientifiche risultava troppo difficile per gli studenti del nuovo millennio (donde la sostituzione dei segmenti con i più concreti "bastoncini"). Solo una piccola critica: l'autore asserisce giustamente che la scuola italiana - intesa come istituzione che trasmette un sapere umanistico - sarebbe dovuta divenire un faro di civiltà per l'Europa che si sarebbe venuta a formare da lì a pochi anni; tuttavia, le indicazioni per le varie riforme succedutesi nel corso degli anni provengono proprio dall'Europa, la quale bacchettava il nostro paese per il basso numero di laureati dovuto ad una scuola ancora troppo elitaria e che faceva uso di metodi d'insegnamento verbali e non esperienziali: da lì partì il pretesto per la semplificazione dei programmi scolastici di anno in anno e di riforma in riforma.
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