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Titolo: Semiologia del raccontoAutore: Caprettini, Gian PaoloEditore: LaterzaData: 1992Brossura, 14x21 cm, 183 pg. Biblioteca di Cultura Moderna 1023. Volume in ottime condizioni ma con sottolineature e note a matita.
scheda di Bottiroli, G., L'Indice 1994, n. 2
La semiologia non è più solo la scienza delle strutture e dei codici; è ormai una disciplina "cognitiva", che rivolge la sua attenzione alle dinamiche dei testi e al rapporto fra testi e culture. Muovendo da questa impostazione, Caprettini elabora una teoria del racconto stimolante e complessa, e cerca immediate verifiche su un corpus testuale variato che comprende la fiaba, il mito, il sogno accanto ad alcuni celebri esempi letterari sul "doppio" (Dostoevskij, Pirandello, Borges). L'obiettivo è il superamento della vecchia narratologia funzionale, che privilegiava la prospettiva delle azioni rispetto all'identità dei personaggi. Non è un caso, allora, che Caprettini abbia scelto alcune opere in cui il centro della narrazione è costituito proprio dal movimento che sposta i confini dell'Io, li scinde e li duplica. La teoria di Caprettini si impernia su tre nuclei di problemi: il dialogo scrittore-lettore, la dilatazione del senso, la narrazione come forma di razionalità. Naturalmente questi tre nuclei interagiscono fra di loro. Affrontando il problema del senso, Caprettini evita di ridurlo ai prodotti di regole impersonali e irrigidite: la semantica si apre sugli spazi indeterminati del simbolo, senza nessuna concessione però all'arbitrio di un labile associazionismo. Sono le decisioni del lettore a determinare il valore di un simbolo sulla base di possibilità, più o meno esplicite, offerte dal testo. I simboli si trovano così all'incrocio tra la definizione enciclopedica propria di una cultura e le focalizzazioni operate nella dialettica tra autore e lettore. In conduzione, per Caprettini l'intreccio non è la serie autonoma degli avvenimenti narrati, ma la cerniera tra il mondo dell'opera (con tutta la sua ricchezza antropologica) e le operazioni mentali richieste all'interprete. In questo senso il racconto è visto come una forma di razionalità: narrare è costruire mappe cognitive per orientarsi nel surplus dell'esperienza.
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