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Piccole storie di vita quotidiana nella Germania dell’Est dopo la caduta del Muro di Berlino. Martin, sposato con un figlio piccolo perde il posto di assistente universitario e, trovandosi senza reddito, cerca d’arrangiarsi in settori lavorativi mai precedentemente praticati. Infrange il limite di velocità e oltre a beccarsi la multa salata che lo dissangua gli viene ritirata la patente per un mese e resta a piedi proprio nel momento in cui, avendo finalmente trovato un lavoro sostituivo, la macchina gli sarebbe servita per la spola verso il nuovo luogo di lavoro infine trovato. La moglie che per risparmiare si reca al lavoro in bicicletta viene investita e muore. Martin decide di incontrare il padre che 24 anni prima aveva abbandonato la famiglia e lo scopre malato, colpito da una semi paresi. Questo è il racconto che meglio si memorizza e nel quale in forma più marcata emerge il tema comune di un presente precario che non scorge un solido futuro.
Periodo sfortunato. Infilo un libro che mi delude dopo l’altro. I racconti sono proprio minimali e banali. Magari sarò io a non essere all’altezza di apprezzarli, ma non mi sento di consigliare questo libro.
Cade il Muro e cambiano le vite, e non necessariamente in bene. Una libertà sociale finalmente acquisita mostra i propri limiti a fronte di quel socialismo dispotico che, venuto meno, controllava comunque e indirizzava i destini in una specie di ordine solo suo. Su questo crinale di amaro paradosso si giocano questi racconti, queste vite dove l'ordinario è il ticchettio costante, l'alito senza eccezioni, ed è questo il vero pregio che l'autore riesce a far germogliare. Chi sbatte nell'emozione enorme di rincontrare il padre dopo ventiquattro anni, chi deve andarsene perché è un laureato senza sbocchi in quella terra, chi riparte occupandosi di animali, chi ama senza speranza nonostante il vento di una nuova epoca invogli a progetti meno castranti. C'è come un'assenza, un'impreparazione ad affrontare l'altro capo della vita, una libertà che smarrisce, che quasi stona coi costumi trascorsi, che inquieta. Dunque un'ironia e una tenerezza che salgono lungo la lettura come schegge di un tempo ancora ignoto, frastornanti, e che stendono sul disagio il canto della letteratura, questa cicatrice mai chiusa che pulsa e che ricorda, che seduce e che rincorre, e che tenta di legare un dentro e un fuori fra scarti di debolezza, solitarie paure, domande sul futuro. Una sterzata dirompente che deve inevitabilmente dare altri corsi a scelte e a ragioni di esistere, lo stupore di un uomo finalmente uscito di cella che un po' trema e indugia mettendo fuori dal portone del carcere uno dei piedi. Ma è la vita dentro la Storia, null'altro che quest'esercito di sorti irregolari e di respiri complessi lungo le mura dello stare al mondo, del provarci, del crederci. Sforzi e voli, rinunce e abbattimenti, e tutto dentro una levità maneggiata benissimo. Siamo tutti passanti alla fin fine, o reduci di un qualcosa, poveri figuranti del comprendere ma innamorati della vita e dei suoi cambi di passo, pur fra ferite brusche e nodose contraddizioni. Senza le quali, di certo, ne usciremmo diminuiti.
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