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L'autore nutre una grande ammirazione per Ernesto Guevara, tuttavia le fonti sono molteplici ed accurate. E' segno di onestà intellettuale il fatto che Taibo utilizzi come fonti anche autori chiaramente dell"altra parte" politica. Su Guevara si è detto di tutto e di più per la sua forte connotazione politica, risalire a ciò che è accaduto in realtà nel modo più certo ed inoppugnabile, mi pare molto, molto difficile. Molti fatti continueranno ad essere viziati dalla passione personale, dall'interpretazione. Però, in questa biografia, l'impressione è che la narrazione si avvicini moltissimo alla realtà storica. C'è simpatia ed ammirazione per il personaggio, ma anche capacità critica. Guevara non emerge come un "santo" (San Ernesto de la Higuera, comunque, nell'immaginazione popolare), ma come un uomo di estremo coraggio che, più che per i suoi successi militari (e comunque anche "solo" Cuba non è poco) ha conquistato menti e cuori di generazioni per le sue idee. Discorsi, scritti, diari...sono una fucina di pensieri ai quali varrebbe davvero la pena, in questi tempi, ispirarsi. La biografia è scritta in modo scorrevole ed accattivante. La fine, che tutti sappiamo, e il suo "dopo" , così come vengono descritti da Taibo, commuovono, pur senza essere capitoli nè stucchevoli nè lacrimevoli. E' il ritratto di un uomo che ha vissuto onestamente fino all'estremo le sue idee di giustizia, senza essere per nulla perfetto, per nulla "supereroe". Un uomo. E basta. Ma è già tutto.
Il libro, scritto da un appassionato del Che sarà particolarmente gradito agli aficionados di Guevara, ma gli amanti della storia tout court resteranno un poco perplessi. Alcuni eventi avrebbero meritato un maggiore approfondimento, ad esempio la scomparsa di Camilo Cienfuegos, un pezzo grosso della rivoluzione cubana; oppure alla presenza accanto al Che, nei giorni dell'insurrezione, di ambigui personaggi, come Mark Hermann poi rivelatisi collegati alla CIA. Vengono minimizzate le responsabilità del Che nelle fucilazioni del dopo rivoluzione, niente circa la persecuzione dei gay, poco sulla decisione di Guevara di esportare la rivoluzione in Congo. Emerge la figura di un idealista che tra un attacco d'asma ed una partita a scacchi qualche volta rimpiange il Peron, detesta il comunismo sovietico e simpatizza per quello cinese. Poi arriva la spedizione in Bolivia che forse doveva essere, nella mente del Che, il posto dal quale far partire la rivoluzione per tutta l'America Latina, ma soprattutto per l'Argentina. L'intera operazione appare viziata da un dilettantismo incredibile che già si era manifestato a Cuba (dove però i rivoltosi avevano potuto contare su di una vasta rete di appoggio, anche popolare) ed in Congo (dove si erano salvati per miracolo): subito individuati e scambiati inizialmente per narcotrafficanti, non vengono presi sul serio dalle forze armate boliviane. Successivamente riescono maldestramente ad attirarsi addosso tutto l'esercito della Bolivia che finisce per braccarli senza scampo, né pietà. Rifugiatisi imprudentemente in un canalone senza via d'uscita il Che ed i suoi uomini, stanchi, morti di fame e di sete, sofferenti di allucinazioni, con i vestiti sporchi dei loro stessi escrementi, isolati da tutti, sono costretti alla resa dopo un breve combattimento senza storia né gloria. Giudicato da un gruppo di generali boliviani, tra cui il fratello del leader del partito comunista boliviano, Ernesto Guevara viene finito a raffiche di mitra.
Un personaggio che non si può non ammirare, leggendo questo libro si potrà finalmente conoscere la grandezza di Ernesto Guevara,anche il più fascista dovrebbe leggerlo per farsi un'idea su quest'uomo.
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