Un manifesto politico: la definizione di Vittori nell'agile ritratto critico dell'autrice che accompagna il libro pare quanto mai azzeccata. Al centro del breve romanzo si staglia il tedesco Adam Czupek (il cognome rivela un'origine est-europea), un giovane e schietto proletario tedesco, di quelli con le spalle forti, tuta e ganascia, che scarta le parole salmodiate da una sinistra di maniera e si fida solo dei fatti concreti. Il suo credo è modesto ma solido, senza affettazione né trucchi. Parla il vocabolario delle canzoni off, Adam, legge Dostoevskij e ha la vista lunga: fiuta infatti il declino di una società cablata e consumista, che nulla più sa della terra, dà di matto se i pargoli sono ipermotorici, e li seda con il Prozac. Da decenni perlustra le discariche, questo accattivante homo faber, per raccattare vecchi attrezzi dismessi da una Germania opulenta: un atto di convinta e salda resistenza ecologica alla voce suadente del mercato e all'attuale era dell'usa e getta. A latere c'è la sua compagna, logopedista e docile narratrice della vicenda, che rifiuta la condizione borghese dei genitori, vistosamente marcata da Vanderbeke nel sorriso guasto e patinato della madre, o nell'egoismo del padre, autentico analfabeta del cuore. Trasferita in campagna con i bambini, la coppia vive una forma di comune immersa nella natura, in una vecchia casa da restaurare. I bimbi scorrazzano felici e la mamma apprende che le uova possono anche avere grandezza diversa. Nel finale l'allegra brigata si allarga al vecchio contadino di ruvida parola ma depositario di antichi saperi, nonché all'intraprendente famigliola turca con pollaio ruspante. Non manca un italiano, informatico e re della cucina. Ci sono insomma tutti gli ingredienti "multikulti" di un'utopia cara ai Verdi, e come nell'edizione tedesca la stessa copertina è decorata di ortaggi. Una lettura amabile, non priva di stereotipi ma densa di buoni propositi, e adatta a tutte le generazioni. Anna Chiarloni
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