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Dittatore tra l’84 e il 79 d.C. è da sempre considerato il prototipo del tiranno crudele e sanguinario che, spenta ogni libertà, instaura un regime consacrato esclusivamente al culto di se stesso. In realtà Silla, aristocratico d’antico lignaggio, fu uomo di grande cultura e raffinatezza, profondo conoscitore delle lettere latine e greche – tanto da rivaleggiare con i maggiori eruditi del suo tempo –, stratega e diplomatico fuori del comune. Vincitore di Giugurta e Mitridate – due fra i più fieri nemici dei Romani –, acclamato per due volte imperator, Silla ebbe a cuore principalmente la difesa di quei pochi valori della tradizione sui quali Roma aveva costruito la sua grandezza. Per questo egli si rifiutò sempre di arrischiare la salute dello Stato gettandosi in dissennate avventure belliche, come molti senatori pretendevano, e preferì curare, con un’accorta politica di equilibrate riforme, il consolidamento dell’ordine economico e sociale, per poi deporre la dittatura – un anno prima della morte – appena convinto d’aver adempiuto nel miglio modo al suo compito. Questo atteggiamento lo rese, tuttavia, quanto mai impopolare presso i suoi successori: in particolare Cesare e Augusto, mentre non esitarono a far proprie le sue riforme, si accanirono contro di lui, presentandolo come il campione d’ogni vizio e turpitudine; gli storici antichi poi, pedissequi ripetitori della versione ufficiale, ne continuarono la persecuzione, fino a fissarne il mito in forme particolarmente deteriori che la storiografia successiva non s’è più curata di rivedere. Lo studioso François Hinard, penetrante e rigoroso, intende procedere alla revisione d’un giudizio storico basato quasi esclusivamente su prevenzioni e inesattezze, riuscendo tanto più convincente quanto meno incline ad ogni forma di rivalutazione acritica del personaggio. Alla fine emerge un ritratto sicuramente più obiettivo che, al di là di ogni preconcetta distorsione, restituisce alla sua più autentica dimensione una delle figure maggiori della storia romana.
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Ottima biografia su uno dei più importanti(e denigrati)personaggi della civiltà romana. L'autore rilegge le fonti,filtrandone i giudizi ostili a Silla,e,poiché ci rimangono solo fonti a lui ostili,si tratta di un arduo compito,che comunque viene portato a termine senza intoppi.Rispetto ai suoi avversari(Caio Mario, Cinna),Silla non è animato da una vendetta senza quartiere,tanto che è possibile valutare le sue famigerate proscrizioni come un male minore,che ha evitato una vera e propria carneficina nei confronti dei vinti,limitandola invece nei confronti di coloro che si erano più esposti con i mariani.Personalmente mi hanno colpito alcune caratteristiche del mondo romano:l'assoluta mancanza di pietà nei confronti dei bambini (il console Lucio Opimio nel 121 a.C. condannò a morte un bambino, al quale lasciò la libertà di scegliere il modo dell'esecuzione) e il dovere della vendetta, che faceva parte della pietà filiale(sic)e si imponeva con tale evidenza da sembrare assurdo per un romano non infierire su un nemico,annientandone tutta la stirpe(il messaggio di Gesù era ancora di là da venire). Tornando a Silla,Hinard conclude definenendolo "l'ultimo vero capo repubblicano, ma il capo di una repubblica che lui stesso dimostrava ormai impossibile".Tuttavia il fallimento del suo progetto di stampo conservatore,non va confuso col falso pregiudizio che lo descrive come il prototipo del dittatore sanguinario e senza cuore.Silla, oltre ad avere grandi doti militari e politiche, era un uomo profondamente religioso,devoto agli dei(in particolare a Venere)per il destino assegnatogli,tanto che aggiunse al suo tria nomina l'agnomen Felix.Forse ciò spiega il motivo per cui Larry,il protagonista de Il Filo del Rasoio,collochi Silla,assieme a Goethe e Rubens,tra i personaggi storici che hanno avuto una vita singolarmente riuscita.Non ci è giunta una statua di Silla di sicura autenticità,ma sappiamo dalle fonti che,come i suoi antenati,aveva la pelle lattea e i capelli rossi.
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