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Con questo libro si riesce ad avere un quadro ampio e soddisfacente dell'effettivo ruolo istituzionale del sindaco nel primo trentennio postunitario. La carica di sindaco, che sarà di nomina regia fino al 1889, svolge una duplice funzione: capo dell'ente comunale e ufficiale di governo. Per certi aspetti, forse ancor più del prefetto, il sindaco si colloca, come ha scritto Piero Aimo, "in un'area critica di collisione, attrito e compenetrazione fra società civile ed apparato statale". La scelta dei casi di studio contenuti nel volume consente di conoscere le dinamiche interne a municipi distribuiti sull'intero territorio nazionale, e che quindi all'indomani dell'unità si presentavano con eredità di tradizioni amministrative assai diverse, se non talora contrastanti. Com'è noto, quella sabauda informerà di sé l'ordinamento nazionale. E l'estensione della legge Rattazzi per comuni e province consentirà ai primi governi unitari di selezionare personalità funzionali all'obiettivo assolutamente prioritario di "fidelizzare" i nuovi cittadini italiani. Tra le numerose e interessanti risultanze offerte da questo volume vi è, ad esempio, la constatazione che fino al 1889 il sindaco di nomina regia è solitamente un notabile appartenente alla nobiltà o alla borghesia terriera, legato per nascita al territorio amministrato. Mancano esponenti del mondo manifatturiero e del commercio e, nei rari casi di sindaci borghesi, non è automatica l'adozione di politiche pubbliche municipali più dinamiche e innovatrici. Dai saggi emerge poi come molte decisioni di governo locale risentano del contesto municipale nonostante l'impianto centralistico. Con ciò, il sindaco è spesso soggetto a pressioni dal centro, e lo stesso clientelismo parlamentare pare figlio del rigido centralismo combinato a un localismo non estirpato.
Danilo Breschi
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