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Gracilino, esile con qualche spunto divertente. Finale allungato come un'extension per arrivare ad una sorta di happy end. Un po' troppe marche e brand nominati.Leggibile.
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Thomas Rimini è un quarantenne milanese manager di una multinazionale nel settore Marketing. Laureato alla Bocconi con ottimi voti, Thomas rappresenta il classico uomo di mezza età che punta tutto sulla carriera e nella sua vita c’è quasi solo spazio per il suo “ego” e per la necessità di “apparire” sempre e comunque. La restante parte è colmata da Marcella, sua fidanzata e promessa sposa. Un matrimonio che, però, non avverrà mai perché Thomas, sentendosi soffocare nel quadretto di vita perfetto che Marcella aveva progettato per lei, se la dà a gambe levate ancora prima che la marcia nuziale possa essere suonata.
“Marcella quella foto l’aveva scattata dieci anni fa, quando non sapevamo nemmeno dell’esistenza l’uno dell’altra. L’idea di felicità di una giovane donna: sì, proprio una grande tartare con dentro tutto. E io ero il cappero.”
“Una decisione sbagliata è sempre meglio di una decisione non presa…” e la decisione di non diventare il “cappero di Marcella” provoca una serie di eventi inaspettati che neanche uno stratega brillante come Thomas avrebbe immaginato.
“Si arriva sempre ad un punto in cui qualcuno lassù chiede il conto, la vita comincia a prendere una piega non aspettata, la ruota gira in senso opposto e tutto ti crolla in testa, un pezzo alla volta e ogni pezzo è più grande del precedente…” . Di fronte alla vita che va a rotoli a Thomas non rimane altro che effettuare un doloroso viaggio alla ricerca di se stesso. Un percorso interiore che lo porterà a capire come non distruggere sempre tutto nella sua vita, a come non farsi condizionare dall’estetica, a non morire di vanità, a fronteggiare le aspettative e le disillusioni e soprattutto a correre i “veri” rischi della vita. Grazie a questa metamorfosi, Thomas capirà da che parte stare quando la vita glielo chiederà…se rimanere mezzo uomo e mezzo ragazzo, mezzo sognatore e mezzo disilluso oppure uomo vero e consapevole delle proprie scelte qualsiasi esse siano.
Daniele Cobianchi con il suo quarto lavoro dal titolo “La sindrome di Hugh Grant” affronta con estrema autenticità un tema sempre più diffuso e attuale: la crisi di mezza età (e non solo, ndr) che colpisce soprattutto quella generazione di uomini cresciuta nel benessere ma spesso incapace di capire cosa vuole davvero dalla vita. Essere “Hugh Grant” significa non voler crescere, vivere la vita in totale libertà senza scendere a compromessi, non dover rendere conto a nessuno e inseguire quello stereotipo di uomo brillante che, però, fugge dalle responsabilità e dalla realtà.
Un romanzo agrodolce che offre al lettore degli ottimi spunti di riflessione sulla propria vita e che evidenzia quanto sia necessario al giorno d’oggi essere consapevoli di ciò che vorremmo “essere” per poter “avere” ciò che realmente desideriamo.
Recensione di Stefano Carboni
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