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Finalmente un libro che, con grande competenza, rende il dovuto merito alla figura intellettuale e poetica di Siro Angeli. È opera di Marika Bilia, una giovane studiosa dell’Università di Pisa, laureatasi nel 2016 proprio discutendo una tesi sull’opera dell’autore carnico. Di lui ricostruisce non solo le vicende biografiche che hanno ovviamente lasciato una forte impronta sulla sua produzione in versi, ma anche dipendenze ed eredità letterarie. A partire dalle raccolte giovanili degli anni ’38-’40, che risentivano di influenze ungarettiane, per passare al volume mondadoriano “L’ultima libertà” del 1962, “legato a una tematica stilnovistica” (vero e proprio canzoniere d’amore per la prima moglie morta precocemente), e al più impegnativo e civilmente impegnato “Grillo della Suburra” nelle due edizioni del ’75 e del ’90, fino ai conclusivi “Matia mou” e “Da brace a cenere”. Accanto a questa produzione in lingua, Marika Bilia prende in esame la poesia in friulano, che riattivò in Angeli il legame profondo con la terra d’origine, rinsaldato anche dalla sceneggiatura e dall’interpretazione come attore principale nel film di Vittorio Cottafavi “Maria Zef”, del 1980. Un capitolo fondamentale dell’opera è dedicato all’esplorazione della poetica angeliana, da sempre tesa non solo a una vitale comunicazione di esperienze con il lettore, ma anche a un insegnamento etico, esplorativo di una realtà trascurata, misteriosa, superiore, accessibile solo attraverso un vigile affinamento della sensibilità. Le ultime pagine di questo puntuale commento alla poesia di Siro Angeli offre un nuovo e originale approccio ai suoi testi, confrontati e messi in discussione in un gioco di specchi esistenziale e stilistico con quelli dell’amico di una vita Giorgio Caproni, rintracciando le loro reciproche “tangenze e distanze” nella descrizione di ambienti e personaggi, e in numerose, insospettate scelte formali.
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