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Small Craft on a Milk Sea è come un quadro puntinista di Seurat: va assaporato nella sua interezza, stando a una certa distanza. Se si focalizza l'attenzione sui singoli brani, sui dettagli delle pennellate, si perde l'armoniosa bellezza del suo insieme; si rischia di percepirne solo i "puntini" che compongono l'opera, che ne risulterebbe pertanto frammentata, mentre il percorso sonoro di quest'ultimo album di Brian Eno merita un ascolto globale: solo così è possibile mettere a fuoco il fascino di questo viaggio tra le note del maestro. Un viaggio che si apre con i suoni eterei di "Emerald and Lime", e l'effetto è subito straniante: è come essersi risvegliati, confusi e disorientati, su una spiaggia alle prime luci dell'alba. Ma la sabbia che ci circonda e il mare lattiginoso che abbiamo di fronte non appartengono a questo mondo: in qualche modo Eno è riuscito a trasportarci su un pianeta remoto, la cui atmosfera rarefatta è attraversata da vibrazioni aliene eppure accattivanti. "Complex Heaven" e "Small Craft on a Milk Sea", che dà il titolo all'album, ci accompagnano nell'esplorazione di questo mondo misterioso e al tempo stesso familiare con sonorità placide e avvolgenti. Eppure avvertiamo un vago senso di minaccia: i brani sono pervasi da un'inspiegabile inquietudine, un presagio di trasformazione e cambiamento inevitabili. Il trittico che segue conferma questa sensazione e, nonostante i segnali, riesce comunque a coglierci impreparati. Torniamo gradualmente verso melodie più pacate che leniscono le nostre ferite, ma quell'oscuro presentimento continua ad accompagnarci. È tempo di fare ritorno.Contempliamo un'ultima volta la superficie densa di questo "Milk Sea" e lo sguardo si perde nella sua immensità: anche se può sembrare gelido e immobile, questo mare di latte primordiale ribolle incessantemente di vita: l'habitat naturale in cui le idee prendono forma."Per uno che non doveva far parte di questo mondo, devo confessare che all'improvviso mi costa lasciarlo"
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