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La solitudine del piacere. Scritti sulla masturbazione - Ludger Lutkehaus - copertina
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La solitudine del piacere. Scritti sulla masturbazione
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1996
1 febbraio 1996
262 p.
9788870782554

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recensione di Christillin, E., L'Indice 1994, n. 2

"La masturbazione è l'unico atto sessuale che abbia in qualche modo a che fare con la cultura, perché nasce interamente dall'immaginazione ". Con le parole di un giovane Alberto Moravia, Ludger Lutkehaus apre la sua lunga introduzione all'antologia di testi scelti e ordinati per costruire una storia del discorso sulla masturbazione. Autoerotismo, onanismo, autodisonoramento, flagello, vizio, peccato, crimine, abuso di sé, autostupro...; si potrebbe proseguire con un elenco quasi interminabile di espressioni usate negli ultimi tre secoli per indicare la masturbazione, ma termini positivi come autosoddisfacimento non vengono mai pronunciati. Lutkehaus parte da questa semplice considerazione per tracciare un percorso cronologico e interpretativo del fenomeno onanistico, dagli albori del libro della "Genesi" (il povero Onan si macchiò invero di coitus interruptus piuttosto che di vizio solitario...), all'inquisizione antionanistica vera e propria dei secoli XVII e XVIII, alla medicalizzazione normalizzante del secolo XIX fino all'approdo psicoanalitico contemporaneo. Percorso tormentato, fitto di castighi e pentimenti, processi e condanne, sofferenze e distruzioni testimoniate dalle pagine di autori e discipline diversissimi: Kant e Rousseau Holderlin e Tissot, Kleist e Freud Tolstoj e Twain, Mann e Flaubert, Nietzsche e Schopenhauer... A trattati medici e saggi filosofici, epistolari e confessioni, relazioni e atti congressuali, si aggiungono brani di letteratura d'invenzione, fiction e non fiction. Il curatore raccomanda però di non discriminare, "di non istituire tra loro alcun confine dal momento che le forme e le esperienze della letteratura ... spesso rappresentano unicamente dei percorsi antionanistici, per così dire, incarnati, così come questi ultimi, inversamente, si rivelano in misura estrema pura 'fiction', 'fantascienza', 'fantamorale'". Cosa si vuole dimostrare? Se recente, o recentissima, è, secondo Lutkehaus, la rimozione del tabù legato all'onanismo, non molto lontana è però anche la sua costituzione. l brani scelti, Genesi a parte, iniziano col binomio illuminista Tissot-Rosseau; è del 1760 la pubblicazione del "Traité sur 1'onanisme" del primo, nascono rispettivamente nel 1761 e nel 1762 la "Nouvelle Heloise" e l'"Emile". E prima? Havelock Ellis (Psychology of sex) afferma che nell'antica civiltà greca anche alcuni dèi, Pan per esempio, non disdegnavano l'attività autoerotica, la scuola cinica ne propagandava addirittura i vantaggi, e perfino i cristiani del primo millennio avevano tanti e tali eccessi sessuali da combattere che davvero non attiravano nessuna attenzione le manifestazioni di sesso solitario. Fu solo dopo la Controriforma che moralisti e medici cominciarono a esibire preoccupazioni e sdegni. Cosa è dunque successo in Europa all'alba dell''Aufklarung'? In uno scenario di prorompente ragione illuminata, alle fobie magico-eretiche della Chiesa controriformata si sostituisce l'ordine normalizzatore e classificatorio della medicina di stato, istituzionalizzato alla fine del secolo dalla ben nota 'Medizinsche Polizei'. La nuova medicina illuminata è diventata l'erede legittima delle tecniche e delle strategie di potere che originariamente appartenevano alla religione e alla filosofia morale. Il religioso in quanto struttura del potere e dell'esercizio del comando non è scomparso, è semplicemente trasmigrato.
E non basta: al danno che la masturbazione provoca al corpo borghese sottraendogli salute e fluidi preziosi, si affianca il motto aristotelico, restituito a nuova vita durante la rivoluzione industriale, che l'uomo è un animale sociale. L'onanismo è certamente un atto contro natura. Spreca preziose energie vitali. Non produce e non riproduce. Ricerca il piacere per se stesso. A tutto questo l'onanismo aggiunge il danno gravissimo di non comunicare, di essere fondamentalmente atto asociale se non antisociale. Le presunte conseguenze fisiche della masturbazione, come sostiene Thomas Laqueur ("L'identità sessuale dai Greci a Freud"), finiscono quasi con l'apparire un effetto secondario della sottostante patologia sociale. Se così fosse, nel vizio solitario l'accento deve forse battere non tanto sul "vizio", inteso come l'appagamento di un desiderio illegittimo, quanto sul "solitario", ossia sul desiderio sano, che si ripiega su se stesso, pervertendosi. Fra le molteplici spiegazioni di teologi e filosofi prima, di moralisti, medici ed economisti poi, il percorso dell'autoerotismo si snoda tra le tappe della tentazione, del peccato, dello spreco e infine del delitto. La battaglia illuminista per liberarsi dalle superstizioni e dalle paure in realtà non fa altro che trasformare le antiche punizioni, gli anatemi divini, in conseguenze scientificamente mostrate dai danni del corpo fisico, e ragionevolmente accertate dalle offese al corpo sociale. Chi sono dunque questi illuminati ma fanatici persecutori del vizio solitario, e perché si attribuisce loro tanta fiducia? Lutkehaus sorvola su questo argomento, ma val la pena di ricordare che i precetti antionanistici non si presentano mai isolati in un quadretto a parte; il celebre Tissot, tanto per fare un esempio pubblica contemporaneamente al "Traité sur l'onanisme" un altro saggio, l'"Avis au peuple", autentica bibbia prescrittiva di comportamenti non solo sessuali, ma igienici, alimentari, familiari e perfino professionali per milioni di sudditi dell'impero asburgico: come non credergli? Michel Foucault suggerisce di non cercare più il potere nei suoi ambiti tradizionali; con la nascita della clinica, l'emarginazione della follia, la creazione di carceri, ospedali, collegi e caserme finalizzate alla creazione di corpi docili, il Settecento apre la via all'ossessione del catalogo, della classificazione, della produzione, dell'ordine, dell'esclusione e della reclusione del "diverso". Il potere, frammentato e onnipresente, si annida ormai tra medici e magistrati, avvocati e pedagoghi, psichiatri e sessuologi. Niente più lebbrosi, streghe, eretici, esorcisti e ciarlatani; da ora in poi, solo patologie e sprechi. Il viaggio del povero onanista, non più creatura diabolica ma semplice malato improduttivo, migra cosi dalle spire infernali alle camicie di contenzione delle case e dei collegi borghesi o, per i poveri, ai calderoni stregoneschi degli ospedali ottocenteschi, fino ad approdare al lettino dello psicoanalista in tempi più recenti. Lutkehaus non sottolinea il contesto politico e sociale in cui queste verità possono ormai essere dette, ma insiste nel mettere in evidenza la teleologia comune a ogni trattamento e a ogni epoca: la rimozione del fenomeno. Sembra poi eccessiva la costanza del curatore nell'indicare intenti repressori anche dove potrebbero apparire spiragli per interpretazioni meno definitive. Lutkehaus non mette neanche in discussione la possibilità che una letteratura come quella dei vari Perry e Tissot possa generare il desiderio erotico allo scopo di controllarlo, come sostiene per esempio Foucault, ma ribadisce che "per quanto il vizio possa fungere da puntello nella logica dell'autocolpevolizzazione, la repressione va presa tremendamente sul serio". Lo testimoniano "le grida straziate in cui si esprimono le sofferenze delle vittime", di cui scrivono, tra gli altri, Jean-Paul Aron e Roger Kempf; pur ritenendo la masturbazione "uno dei più innocui, stupendi e diffusi piaceri umani" l'autore si affianca, come testimone a favore, il solo Mark Twain.
Delle donne non si parla, o si parla poco; nessuna autrice è inclusa tra i prescelti dell'antologia, non si cita neppure in nota il saggio di J.D.T. Bonneville (curato nell'edizione italiana da Silvia Vegetti Finzi e Andrea Michler) sulla ninfomania e sull'autoerotismo femminile, coevo e speculare a quello di Tissot. Lutkehaus se la cava dicendo di aver già parlato in altra sede della dichiarazione di indipendenza sessuale del movimento femminista, anche se non si tratta proprio della stessa cosa.
Ora, dopo migliaia di relazioni mediche, scientifiche e sociologiche, attraverso dati che svelano implacabilmente le nostre abitudini e i nostri segreti sessuali, sappiamo che la stragrande maggioranza di uomini e di donne si è sempre masturbata, ha sognato, immaginato, goduto senza per questo generare una società di morti viventi. Assolti dalla scienza e dalla statistica, possiamo ottimisticamente suggerire a Lutkehaus, e in caso anche a noi stessi, di rileggere con sollievo le parole dello Zarathustra nietzscheano: in definitiva, la voluttà è più profonda della sofferenza.

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