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Edoardo, Edo si può dire un uomo fortunato. O no? Edo ha provato tutto: l’amor sacro e l’amor profano. O forse non sono definibili, così? Anne è il sesso, il turbamento, la passione, la febbre che ti divora, il desiderio perenne, le furiose erezioni, i morsi, i baci, gli orifizi violati, l’umido, le lagrime, l’insonnia, il pensiero perenne, l’ossessione. Camille è la moglie perfetta, “burrosa”, sempre disponibile ad aprir le gambe, se richiesto, e con orgasmi silenti, dea della casa, silenziosa, rispettosa delle necessità maritali, sempre fedele, disponibile, presente indefinitamente al fianco del proprio uomo. Insomma una certezza, così come Anne è il dubbio perenne. Anne ha molti uomini, e tutti insieme, Camille ne riconosce uno soltanto. E poi? Poi c’è Daphne. La giovane ventenne dai desideri sopiti. Edo, la prime cosa che prova, conoscendola in un affollato bistrot? Gli viene duro. Cerca il contatto. E la confusione aumenta. L’indecisione rode Edo, lo confonde. Ed Edo non sa rispondere alle domande che lo affliggono. Si lascia andare, segue il corso degli eventi, diviso tra presente e passato. Ma, così, forse ho sbagliato, ho sbagliato perché, nel descriverla, ho scomposto la storia. Il problema è che, a mio avviso, non si può scomporre una storia nei suoi vari elementi o nei suoi vari personaggi, definirli, una volta per tutte, e poi passare oltre. Una storia è infatti un organismo vivente, ogni parte esiste e ha senso solo in relazione con le altre. E il libro lo dovete leggere, lo dovete vivere. E soffrire, se necessario. Ed è tutto bellissimo. Sostiene Nabokov, “dire che un romanzo è una storia vera significa offendere sia la verità sia il romanzo”.
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