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I sonnambuli. Come l'Europa arrivò alla Grande guerra
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I sonnambuli. Come l'Europa arrivò alla Grande guerra - Christopher Clark - copertina
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sonnambuli. Come l'Europa arrivò alla Grande guerra
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I sonnambuli. Come l'Europa arrivò alla Grande guerra

Descrizione


La mattina di domenica 28 giugno 1914, l'arciduca Francesco Ferdinando, erede al trono austro-ungarico, e sua moglie Sofia arrivarono in treno a Sarajevo e salirono a bordo di un'autovettura, imboccando il lungofiume Appel, per raggiungere il municipio. Non apparivano affatto preoccupati per la loro sicurezza. Venivano da tre giorni di soggiorno nella cittadina di vacanze di llidze, dove non avevano incontrato che facce amiche. Avevano perfino avuto il tempo per un'imprevista visita al bazar di Sarajevo, dove avevano potuto muoversi senza essere disturbati nelle viuzze affollate di gente. Non sapevano che Gavrilo Princip, il giovane serbo bosniaco che li avrebbe uccisi solo tre giorni dopo, era anch'egli nel bazar, intento a seguire i loro movimenti. Anche l'Europa si avviava inconsapevole al dramma. Non sapeva di essere fragile, frammentata, dilaniata da ideologie in lotta, dal terrorismo, dalle contese politiche. Così l'atto terroristico compiuto con sconcertante efficienza da Gavrilo Princip ai danni dell'arciduca ha un esito fatale: la liberazione della Bosnia dal dominio asburgico e l'affermazione di un nuovo e potente Stato serbo, ma anche il crollo di quattro grandi imperi, la morte di milioni di persone e la fine di un'intera civiltà.
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Dettagli

4
2013
7 novembre 2013
XX-716 p., ill. , Brossura
9788858105023

Valutazioni e recensioni

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Giuseppe 52
Recensioni: 3/5

Libro pieno di notizie, molte utili senza dubbio ma secondo la mia opinione ha un grave limite! Leggendo il testo è evidente che le varie cancellerie miravano tutte a creare problematiche insolubili ai propri avversari. Basterebbe rileggere i rapporti tra Russia e Francia e le garanzie concesse alla Serbia. I dirigenti di allora sembrano sonnambuli all'autore di questo libro e ciò è vero. Ma va considerato che tutti, nessuno escluso, riteneva l'opzione della guerra come uno strumento percorribile e adeguato agli obiettivi che la politica perseguiva allora. Un'altra osservazione va fatta sulla tesi dell'autore, l'assenza di un colpevole! Se è vero che non è possibile restringere l'accusa ad una sola dirigenza è altrettanto chiaro, leggendo il testo, che di colpe dai singoli funzionari ai sovrani ve ne sono a iosa. Ultima osservazione il testo non considera nella sua sterminata bibliografia testi di storici italiani. Solo due: il vecchio Albertini e Rusconi. Si può leggere ma non è un testo esaustivo o che apre a nuove interpretazioni. Giuseppe 52

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Carlo M.
Recensioni: 5/5

Titolo azzeccatissimo per un libro che ci aiuta a capire che la "colpa" non fu solo dei cattivi tedeschi col chiodo sull'elmo, ma il coacervo di fatti, episodi, idee, aspirazioni, velleità, illusioni e idiozie che da sempre caratterizzano la storia dello scimmione stupido, glabro e bipede che si autodefinisce "sapiens", e che continua a non imparare niente dalle sue cazzate. Vedi le guerre contro Afghanistan, Irak e Libia, che non sono servite assolutamente a nulla (tranne che a foraggiare il dispositivo militare-industriale americano) e che hanno contribuito a fomentare il casino in cui siamo immersi attualmente.

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Moreno Oldani
Recensioni: 5/5

Un libro eccezionale. Il migliore per chi vuole capire le cause dello scoppio della I guerra mondiale.

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Recensioni

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Voce della critica

    Ogni anniversario scatena un profluvio di pubblicazioni. E il centenario della grande guerra non fa certo eccezione. Tuttavia, lo studioso australiano Clark, già noto per una fondamentale storia della Prussia, riesce nell'impresa di gettare luce nuova intorno a una delle questioni più frequentate e dibattute dalla storiografia: le "origini" della "catastrofe seminale" del XX secolo. Con una periodizzazione insolita (almeno nel termine a quo) la sua analisi si muove tra due atti terroristici: l'uno contro il re serbo Alessandro I Obrenović (11 giugno 1903), l'altro contro l'arciduca d'Austria Francesco Ferdinando (28 giugno 1914). Se il primo fa da scena iniziale, per inquadrare il contesto politico in cui maturò il secondo, l'attentato di Sarajevo è a sua volta il punto d'attacco di una ricostruzione dettagliata, quasi fotogramma per fotogramma, del mese precedente le dichiarazioni di guerra. Della sua stratificata architettura interpretativa si possono richiamare solo due elementi innovativi, riguardanti i due primi attori della crisi. Ben lungi dall'essere ridotta a una variabile marginale, o addirittura a un pretesto per le scelte che condussero al conflitto, l'azione politica della Serbia, tesa a realizzare un più grande stato nazionale a spese della Bosnia austro-ungarica, viene considerata un elemento di instabilità decisivo per la crisi del 1914. Per altro verso, viene respinta l'idea, coltivata dai suoi nemici contemporanei e dai suoi detrattori postumi, che la monarchia dualistica asburgica (l' "Impero senza qualità") fosse un soggetto anomalo della politica internazionale, destinato inevitabilmente a scomparire sotto il peso dei conflitti nazionali interni. Le guerre balcaniche degli anni novanta, l'11 settembre 2001, la crisi degli stati nazionali e la costruzione dell'Unione europea hanno ovviamente fatto emergere l'importanza di questi elementi. L'autore ne è consapevole. Dal suo punto di vista, però, si è trattato soprattutto di superare l'approccio fondato sulla ricerca delle responsabilità della grande guerra e di comprendere come (più che perché) si arrivò alle decisioni dell'estate del 1914. "Il nazionalismo, gli armamenti, le alleanze e la finanza furono tutti elementi che entrarono a far parte della storia, ma acquistano una valenza esplicativa solo quando si possa mostrare una loro effettiva influenza sulle decisioni che, congiuntamente, fecero scoppiare la guerra". Clark così restituisce valore alla contingenza dei processi decisionali rispetto alle prospettive strutturaliste (di tipo geopolitico o economico), tese a registrare la pressione meccanica della concatenazione causale. Nondimeno, propone una visione complessa del multipolare sistema internazionale prebellico, delle molteplici e contraddittorie interazioni tra centri e periferie degli stati, della casualità volatile delle scelte di sovrani, ministri, diplomatici e militari. Quel che più sorprende nella crisi dell'estate del 1914 è la sua "essenziale modernità". Paradossalmente, se fino agli anni ottanta l'Europa che precipitò nella grande guerra sembrava appartenere al "mondo di ieri", oggi appare molto più vicina. Siamo forse anche noi sonnambuli, "apparentemente vigili ma non in grado di vedere, tormentati dagli incubi, ma ciechi di fronte alla realtà"?   Marco Bresciani

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