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Se l'omiletica è stata un genere importante nella letteratura italiana dal medioevo al Seicento, l'eloquenza dei predicatori non è sfuggita alle critiche di vuoto formalismo: si pensi alla oratoria sacra del francescano Francesco Panigarola, nel secondo Cinquecento, definita da un autore ugonotto come "vain babile richement fardé". Eppure, proprio la retorica, con il suo repertorio di figure e immagini, forma lo strumento principe di quell'incessante riformulazione della Bibbia che la predicazione ha sviluppato nei secoli. Gli atti di un convegno bolognese del 2007, ora pubblicati, permettono di seguire in dettaglio la storia appassionante di queste riletture, che collegano peraltro l'omiletica ad altri generi religiosi: libri devozionali, poesia spirituale, pagine mistiche. Se, infatti, per la tradizione esegetica cristiana la Sacra Scrittura è occasione di commento e interpretazione, per la mistica leggere la Bibbia diventa un'esperienza profonda, che va oltre il libro nel quale ha fondamento, scavalcando il linguaggio per giungere a comprendere la divinità. L'area più variegata e ricca di spunti, in questa rassegna sul recupero biblico nella letteratura dei primi secoli, è comunque quella della poesia: lo dimostrano numerosi contributi ospitati nel volume e dedicati alla Commedia dantesca, ai laudari (da Bianco da Siena a Feo Belcari), fino alle prove liriche, di Vittoria Colonna e Torquato Tasso, ormai in pieno Cinquecento. Il repertorio offre infinite possibilità di variazione e riscrittura, come è noto, giungendo sino alle frontiere vere e proprie del discorso religioso: quelle che lo separano dal reimpiego parodico dei materiali sacri, come avviene in certa lirica amorosa che riutilizza le formule bibliche trasformandole in ben altra cosa.
Rinaldo Rinaldi
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