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Se da una parte mi è piaciuto molto “Estensione del dominio della lotta”, suo primo romanzo, dall’altra ho abbandonato ai due terzi “Le particelle elementari”, pur ammirando l’intelligenza provocatoria di Houellebecq. La stessa intelligenza che ritrovo (e ammiro) in “Sottomissione”, romanzo entrato da subito in un vortice di polemiche. È infatti un’opera che si addossa la responsabilità di essere profetica, con un risultato che non è gradito a tutti, per motivi ideologici. Pubblicato dieci anni fa (casualmente pochi giorni prima dell’attentato contro “Charlie Hebdo”), il romanzo presenta una Francia guidata da un presidente socialista di fede musulmana, che a poco a poco introduce nella vita del paese la sharia, la legge coranica. Se il libro era profetico dieci anni fa, il quadro che emerge da queste pagine è molto meno fantasioso oggi che lo slogan “je suis Charlie” è stato sepolto, cancellato dalla rinuncia alla laicità (non dichiarata ma effettiva) da parte della “France insoumise”, ancora laicissima pochi anni fa, ma che ora sembra tollerare l’entrismo dei Fratelli musulmani, la cui influenza, sotterranea e segreta, si estende sempre più nelle banlieues (come ha rivelato un recente rapporto del governo francese). Alla luce di ciò, le considerazioni meramente letterarie sul valore di “Sottomissione” passano per me in secondo piano e dunque consiglio l’istruttiva e inquietante lettura di questo romanzo.
"Sottomissione" (2015, Bompiani) è un romanzo fantapolitico dello scrittore Michel Houellebecq, uno dei più rilevanti della letteratura francese contemporanea. Si immagina in un futuro prossimo che la Fratellanza Musulmana, un partito musulmano tradizionalista e patriarcale, sia in grado di vincere (con l'alleanza repubblicana dei raggruppamenti socialisti, liberali e moderati) le elezioni presidenziali in Francia. Le agiate classi francesi non oppongono resistenza alla "leggera" ma autoritaria Sahria imposta dal nuovo regime (il cui vero obiettivo è costruire un impero islamico sul modello di quello romano), concedendosi con piacere alla "sottomissione" all'Islam (paragonata alla sottomissione "erotica" sadomasochistica presente in Histoire d'O). Il libro è stato al centro di diverse polemiche anche per la macabra coincidenza che lo vide pubblicato nel giorno dell'attentato alla sede di Charlie Hebdo. Il tutto è raccontato con gli occhi del quarantaquattrenne Francois, studioso dello scrittore decadente Huysmans, che ha scelto di dedicarsi alla carriera universitaria. La distopia verosimile offre il terreno ideale per fare ironia sociale (politicamente scorretta) sulla nostra attualità. Provocatorio, forse nei confronti dell'Islam, o forse in quelli dell'Occidente. Oppure semplicemente visionario e insieme realista. Sono ben pochi i fatti che avvengono fra conversazioni intellettuali e speculazioni geopolitiche. Per questo può annoiare, nonostante la velocità di lettura. Inevitabilmente la patina nichilistica finisce per toccare il suo autore ma in senso inverno, facendolo apparire più come antiislamico che il contrario...
La sintesi di questo libro potrebbe essere: "le donne (anche quelle a pagamento) a letto o in cucina. La banalità del vivere immersi nel fallimento morale". La seconda parte di questa sintesi potrebbe evocare Balzac – peraltro citato più volte dall’autore – ma senza che questo racconto affaticato si avvicini minimamente alle sue vette. Certo, Houellebecq si è ben documentato su Huysmans e Guénon, dei quali a tratti resuscita la noia profonda di alcuni passaggi, ma senza entrare davvero in comunione con il loro pensiero. I riferimenti all’Islam politico risultano superficiali e pruriginosi, evocando scenari futuribili poco credibili, come se tutta l’Europa fosse Parigi. Si tratta di una fantasia un po’ demotivata, sebbene lo scenario di una Francia centrista – sia a destra che a sinistra – che si suicida pur di non finire nelle mani di un regime identitario abbia un suo interesse. Alla fine, ho trovato curioso che l’autore sia riuscito a convincermi che un regime islamico moderato sia comunque più desiderabile della spaventosa palude esistenziale in cui il protagonista si ritrova a vivere. Di certo, non era questo l’intento dell’opera.
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