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Recensioni Spazio 1918

Spazio 1918 di Gdg Modern Trio
Recensioni: 4/5
Stefano Ghittoni, Bruno Dorella e Francesco Giampaoli si conoscevano da tempo, ma la scusa per lavorare insieme è arrivata con l’album dei Dining Rooms, per il quale Ghittoni ha chiesto ai due membri di Ronin e Sacri Cuori una collaborazione. Da lì è nata l’idea di un lavoro a tre, in cui unire le visioni dei musicisti caratterizzate dalla fascinazione per la musica da film.
Le otto tracce che compongono il disco hanno avuto una gestazione abbastanza lunga, circa due anni, durante i quali Ghittoni ha proposto le sue idee di partenza, già fortemente permeate del suo immaginario di elettronica vintage, che sono state sviluppate insieme da Dorella e Giampaoli; un processo molto stimolante che ha sorpreso e divertito entrambi, facendo emergere l’attitudine exotica di Giampaoli e quella più spigolosa di Dorella, accomunate dalla fascinazione per le atmosfere lynchiane.
Spesso i ruoli si sono interscambiati, con Giampaoli che, oltre al basso, ha suonato synth e chitarre acustiche, e Dorella che, oltre alla chitarra, ha suonato percussioni e vibrafono. Tutto ciò è avvenuto nello Studio Al Mare (si chiama proprio così) di Giampaoli, un posto che più di altri “sente la mano” di chi lo gestisce, con scelte precise sulla strumentazione da utilizzare e sul suono da ottenere. Infine, ognuno dei tre, ha proposto un’ “interferenza”, un field recording, un elemento narrativo che ha completato la “palette” della musica di GDG Modern Trio.
Non era facile dare un’identità estetica ad un progetto che ha avuto una gestazione lunga ed anche un po’ fuori da dinamiche controllate. La volontà era, da un lato, quella di dare un’ immagine ironica e un po’ retrò dei tre “professionisti” (da qui il nome GDG MODERN TRIO), ma di fatto, il progetto è spesso gioiosamente scappato di mano, accmulando ritardi legati ai vari impegni dei tre, alternati a momenti di esaltazione creativa che li ha fatti perdere in “territori sconosciuti”. Da qui l’idea di “SPAZIO 1918”, un Retrofuturo, in cui l’elettronica ha un sapore vintage, la musica di bassi e chitarre ha una ritmica elettronica e dove le certezze di chi suona si adattano ai mutamenti inattesi di alcune delle menti più fertili in circolazione da molti anni nel panorama indipendente.)
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