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Il romanzo “Lo spettatore” di Damiano Leone è un libro da avere assolutamente nella propria libreria e da leggere molto attentamente. Ne consiglio la lettura agli appassionati di fantascienza e di storia. Allora si ci potrebbe chiedere come mai questi due ambiti così lontani possano convivere nello stesso romanzo: questo è stato reso possibile grazie alla grande esperienza, preparazione e bravura dello scrittore. Non mi soffermo a fare un riassunto della trama, altrimenti rovinerei tutto ai futuri lettori. La cosa che mi ha colpito di più è stata l’estrema precisione e meticolosità delle descrizioni dei luoghi e degli avvenimenti nei flashback presenti in tutta la narrazione, che riportano in lettore in vicende epiche e storiche di antiche civiltà, che mostrano il grande conoscenza dell’autore in merito, il tutto senza mostrare il minimo accenno a pretenziosità o saccenza. La trama scorre fluida per tutto il racconto, lungo circa 500 pagine, interrotta soltanto dai flashback che, anche se a metà racconto possono sembrare frequenti, alla fine trovano tutti una doverosa spiegazione. Altro elemento che mi ha colpito è l’analogia tra i due protagonisti e me e la mia ragazza: lui appassionato e studioso di astronomia, lei di storia e storia dell’arte antica. Da notare, ho scritto i due protagonisti poiché la storia di Alexandros è il tema centrale del libro, ma anche la presenza di Eleni è onnipresente in tutti gli avvenimenti, che condizionano la vita del protagonista. Concludo dicendo che, oltre alla fitta narrazione della trama, trascinata da un profondo sentimento, sono toccati e analizzati molti temi attuali, oggi più che mai, come l’inquinamento, gli sprechi e la distruzione del pianeta ad opera dell’uomo. Dopo aver letto “Enkidu” e “Lo spettatore”, mi accingo a leggere il nuovo romanzo storico di Damiano: “Il simbolo”.
La specie umana ha una storia relativamente breve (inezie rispetto ai dinosauri, che pure si sono estinti) e, ad occhio e croce, considerata la sua tendenza distruttiva ed autodistruttiva, non sembra destinata a stabilire nuovi record di durata. Ben vengano dunque gli autori che hanno il coraggio di interrogarsi su tale vocazione, sforzandosi, come mirabilmente ha fatto, nel suo “Lo spettatore” Damiano Leone, di trovare, se non garanzie di eternità, almeno vie di fuga percorribili. L’impianto è quello del romanzo tradizionale, non fosse per l’iniziale “LORO erano antichi”, che prelude ad una storia che acquisterà, con lo scorrere delle pagine, carattere del tutto peculiare. Alexandros (nome non casuale) lascia, bambino, la natia Argolide, al seguito del padre Jorgo, pellettiere greco, subito dopo la seconda guerra mondiale, per iniziare una nuova vita a Firenze. Dopo la morte della madre, in uno dei ritorni in Grecia dai nonni, conosce Eleni, immagine di donna che racchiude in sé la bellezza dell’omonima greca e la forza e l’amore per la propria della terra di una novella Antigone. E se ne innamora. Iniziano, al contempo, inquietanti visioni che appartengono al passato della specie umana, in cui Alexandros si ritrova protagonista di storie diverse, drammaticamente contrassegnate da lampi di violenza, talora riscattate da gesta coraggiose ed altruistiche. Diviene così, inavvertitamente e gradualmente, cosciente di come, dalla rivisitazione in prima persona del passato, possano trarsi ammaestramenti sulla dimensione universale della sofferenza e dell’umana coazione a ripetere comportamenti violenti quasi sempre per paura, e dunque sulla necessità di mettere in atto condotte diverse, per garantire sopravvivenza alla specie. Altro che la storia costruita sui se e sulle ipotesi alternative, è sul perché e soprattutto sul “come” salvarci che Damiano Leone s’interroga, regalandoci finalmente, nel panorama letterario di oggi, l’azzardo di un pensiero.
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